Jimmy era andato nell’
«Ehi, Jimmy! Hai un momento da dedicarmi?»
Per la verità, Jimmy aveva parecchio da fare, ma si era accorto che da qualche giorno Gibson aveva qualcosa che non andava, perciò si sedette sullo sgabello incastrato sotto l’oblò d’osservazione, e presto seppe tutta quella parte di verità che Gibson ritenne opportuno comunicargli nell’interesse di entrambi.
«Desidero dirti una cosa che solo pochi sanno» cominciò Gibson. «Ti prego di non interrompermi e di non farmi domande, almeno finché non avrò finito… Quand’ero ancora molto giovane, più giovane di te, avrei voluto diventare ingegnere. Ero uno studente alquanto brillante, a quei tempi, e non ebbi difficoltà a superare gli esami di ammissione all’università. E poiché non ero ancora ben sicuro di quale carriera avrei scelto, mi iscrissi a ingegneria fisica, una materia allora pressoché nuova. Durante il primo anno me la cavai piuttosto bene, tanto che mi sentii incoraggiato a lavorare ancora più sodo. Superai anche il secondo anno, meno brillantemente ma sempre meglio della media. Il terzo anno m’innamorai. Non era la prima volta, ma compresi che quella era la volta buona.
«Innamorarsi durante gli anni d’università può essere un bene e anche un male. Dipende dalle circostanze. Se si tratta solo di un capriccio passeggero, in generale non influisce né in bene né in male. Ma se si tratta di una cosa seria ci sono due eventualità. L’amore può agire come incentivo, può spingerti a fare ancora meglio per dimostrare alla donna del tuo cuore che vali più degli altri tuoi compagni. Oppure, ti puoi impegnare sentimentalmente a un punto tale da farti sembrare degno d’interesse soltanto il tuo amore, e allora lo studio va a farsi benedire. È quello che purtroppo è successo nel mio caso.»
Gibson s’interruppe e rimase a lungo assorto, in silenzio. Seduto nell’oscurità, a pochi passi da lui, Jimmy gli diede un’occhiata furtiva. Si trovavano sul lato notturno della nave, e le luci del corridoio erano state attenuate perché le stelle si vedessero nel loro incomparabile splendore.
È proprio vero, si chiedeva Gibson, che nessuno riesce mai a dimenticare niente? Gli pareva adesso che fosse davvero così. Rivedeva ancora, distintamente come se fosse tornato indietro di vent’anni, l’annotazione sul quadro degli avvisi della facoltà:
Gibson aveva sempre stimato e rispettato il Preside, malgrado la sua aria distaccata e la sua pedanteria, e la delusione nel sentirsi buttato a mare era stata ancora più dura da sopportare. Il Preside si era sbarazzato di lui con la tecnica più del rammarico che della collera, che anche questa volta si era dimostrata assai efficace.
A peggiorare la situazione, per quanto si vergognasse di ammetterlo, c’era stato il fatto che Kathleen aveva invece superato gli esami brillantemente. Quando erano stati pubblicati i suoi risultati finali, Gibson l’aveva evitata per vari giorni, e quando si erano rivisti lui l’aveva già identificata con la ragione del suo insuccesso.
Il resto era stato inevitabile. Avevano avuto un litigio durante la loro ultima gita in bicicletta, ed erano rientrati per strade separate. Poi le lettere che non erano state aperte, e soprattutto quelle che non erano state scritte. Il loro sfortunato tentativo di ritrovarsi, non fosse che per dirsi addio, durante la sua ultima giornata a Cambridge. Il suo biglietto non aveva raggiunto Kathleen in tempo. Lui aveva atteso fino all’ultimo momento, ma la ragazza non era venuta. Il treno affollato, gremito di studenti vocianti, era uscito rumorosamente dalla stazione lasciandosi dietro Cambridge e Kathleen. Gibson non avrebbe più rivisto né l’università né la radazza.
Era inutile parlare a Jimmy dei mesi di nera disperazione che erano seguiti. Non c’era bisogno di fargli sapere il vero significato di quelle semplici parole: