Una risatina vacua, compiaciuta, dall’altero Silvestri. Intanto Judith ha cominciato a presentarmi a Guermantes. Lui mormora quanto sia deliziato nel fare la mia conoscenza. Quasi mi aspetto che mi baci sulle guance, o forse sulla mano. La sua voce è morbida, tutta miele; ha un po’ di accento, però non francese. Qualcosa di strano, un misto, franco-italiano, forse, o franco-spagnolo. Finalmente ce la faccio a sondare lui, proprio ora; in un certo qual modo la sua mente, più instabile di quella di Silvestri, resta alla mia portata. Mi ci infilo dentro e do un’occhiatina, intanto scambio le solite banalità sul tempo e sulle recenti elezioni. Cristo! Casanova redivivo! Questo va a letto con tutto ciò che cammina o striscia, maschio, femmina o neutro, naturalmente ivi inclusa la mia accessibile sorellina Judith, che — stando ad un ricordo di superficie ordinatamente archiviato — lui ha smesso di scopare esattamente cinque ore fa, proprio in questa stessa stanza. Il suo sperma, adesso, sta coagulandosi dentro di lei. È oscuramente scontento perché lei non è venuta insieme a lui; considera il fatto un fiasco della sua tecnica impeccabile. Il professore sta speculando, con tanta grazia, sulla possibilità di impalarmi prima che la serata sia conclusa. Niente da fare, professore. Non ho nessuna voglia di essere aggiunto alla tua collezione privata di Selig. Lui, affabilmente, si informa sui miei titoli. — Uno solo — dico io. — Laurea in Lettere nel 1956. Avevo intenzione di fare una ricerca sulla letteratura inglese, per il dottorato, però non ci ho mai lavorato veramente. — Lui insegna Rimbaud, Verlaine, Mallarmé, Baudelaire, Lautréamont, tutta quella masnada di malati, e spiritualmente si identifica con loro; le sue lezioni sono affollatissime di ragazze del Barnard in adorazione, e le loro cosce si aprono felici per lui, sebbene nella sua personalità rimbaudiana non sia affatto restio a far all’amore coi sani maschi della Columbia, eventualmente. Mentre chiacchiera con me, affettuosamente, da padrone si balocca con le scapole di Judith. Il dottor Silvestri fa finta di non accorgersene, o addirittura non gliene frega niente. — Tua sorella — bisbiglia Guermantes — è una meraviglia, è un’originale, uno splendore, un
Una ragazza mi si accosta al tavolo dei liquori. Una delle studentesse di Guermantes; non ha più di vent’anni. Capelli neri grossolani che cascano giù a riccioli: un naso rincagnato; occhi selvaggi svegli; labbra carnose. Non proprio bella ma in un certo senso interessante. Evidentemente anch’io le interesso, perché mi fa un ampio sorriso e dice: — Ti piacerebbe tornare a casa con me?
— Sono appena arrivato.
— Più tardi. Più tardi. Non c’è fretta. A occhio dovresti essere uno spasso quando scopi.
— Dici la stessa cosa a tutti quelli che incontri?
— Non ho incontrato nessuno — puntualizza. — E poi no, non lo dico a tutti. Anche se l’ho detto a un mucchio di gente. Che c’è di sbagliato? Di questi tempi le ragazze possono ben prendere l’iniziativa. D’altra parte, è un anno bisestile. Sei poeta?
— Non proprio.
— Lo sembri. Scommetto che sei sensibile e che soffri molto. — La mia solita, ebete fantasia, che si realizza davanti ai miei occhi. I
— David Selig.
— Lisa Holstein. Sono senior al Barn…
—
— Holstein, sì, e risparmiami giochi di parole con le relative vacche olandesi.
— Hai una sorella che si chiama Kitty? Chaterine, suppongo. Kitty Holstein. Sui 35 anni. Una sorella, forse una cugina…
— No. Mai sentita. Qualcuna che conosci?
— Che conoscevo — rispondo. — Kitty Holstein. — Prendo il mio drink e me ne vado.