— Calunnie. Propaganda. Coprirò di ridicolo l'accusa, fino a farla disintegrare.
— Cerca di coprire di ridicolo il siero, Roy. Non sarà così facile, sai?
— Ci proverò — disse rigidamente Walton. Attraversò la stanza e schiacciò il pulsante del sistema di comunicazione. Lo schermo si illuminò, e vi apparve il volto grinzoso dello gnomo.
— Il signore desidera?
— Fulks, vorresti accompagnare il signore all'uscita? Non ha più alcun desiderio di restare con me, a quanto pare.
— Subito, signor Walton.
— Prima di sbattermi fuori — disse Fred — lasciami dire un'ultima cosa.
— Avanti.
— Ti comporti da stupido… benché questo non sia nuovo da parte tua, Roy. Ti darò una settimana di tregua per prendere una decisione. E poi la produzione del siero comincerà su scala globale.
— La decisione l'ho già presa — disse Walton, rigidamente. La porta si aprì e fuori c'era Fulks. Il cameriere sorrise servilmente a Walton, si inchinò a Fred e disse: — Il signore vuole venire con me, per favore?
Era come uno di quei sogni, pensò Walton, nel quale vi era un maggiordomo che portava dei piatti in tavola, e il vassoio si attaccava ostinatamente alle dita e rifiutava di separarsi da esse; oppure come uno di quei sogni nei quali si organizza una conferenza dei vescovi, e ci si presenta a tavola e ci si accorge di essere nudi; oppure come uno di quei sogni nei quali si cade e si cade e si cade e si cade all'infinito, e non si riesce mai a scorgere il fondo.
Apparentemente, non c'era alcuna via d'uscita. Le forze si contrapponevano, uguali e contrarie, e lui pareva sempre preso in mezzo.
Rabbiosamente, accese di nuovo il caleidoscopio e si lasciò distrarre dall'incessante, instancabile pioggia e danza di colori. Ma nelle profondità del viola più profondo continuava sempre a vedere il viso ironico di suo fratello.
Chiamò Fulks.
Lo gnomo si presentò quasi subito.
— Chiamami un jetcottero — ordinò Walton. — Io lo aspetterò sulla rampa di atterraggio ovest.
— Benissimo, signore.
Fulks non aveva mai problemi, pensò cupamente Walton. Il piccolo cameriere aveva trovato il suo nido nella vita; trascorreva le sue giornate nel comodo rifugio della Sala di Bronzo, esaudendo i desideri dei soci. Non aveva mai da compiere una scelta, non aveva mai da prendere le decisioni dolorose delle quali era fatto ogni minuto della vita, di una vita terribilmente, odiosamente complicata, che Walton sentiva di odiare profondamente, con tutte le sue forze.
Salì sulla rampa di atterraggio ovest e pochi istanti dopo si trovò a bordo dello jetcottero chiamato da Fulks.
— Cullen Building — disse al robopilota, distrattamente.
Non si sentiva di umore molto socievole, e neppure allegro. E questo, tutto sommato, era comprensibile.
Il quadro dell'intercom, nell'ufficio di Walton, era illuminato e multicolore come un albero di Natale; le lampade dei segnali erano tutte accese, e ciascuna rappresentava una persona ansiosa di parlare con lui. Schiacciò un pulsante, il pulsante che ristabiliva il circuito e indicava che lui si trovava di nuovo in ufficio, e ricevette la sua prima chiamata.
Era Lee Percy. Il viso grassoccio di Percy era sorridente.
— Ho sentito adesso il discorso che hai fatto stamattina, all'ingresso dell'edificio, Roy. È un colpo grosso. Tutti i mezzi d'informazione lo riportano. Meraviglioso! Non ci sono altre definizioni. Non avremmo potuto fare di meglio, neppure se l'avessimo programmato noi.
— Sono lieto che ti sia piaciuto — disse Walton. — È stato realmente improvvisato.
— Ancora meglio, allora. Sei un genio, questo è sicuro. Senti, volevo dirti che abbiamo preparato la rievocazione di FitzMaugham e che la trasmissione è pronta ad andare in onda. Su tutti i mezzi d'informazione alle venti precise di stasera… un'ora intera, senza intermezzi pubblicitari. Un lavoro ottimo.
— C'è anche il mio discorso in programma? — chiese Walton.
— Certo, Roy. Un bel discorso. Così in una sola giornata saranno diffusi due discorsi del nuovo direttore, che ne dici?
— Mandami su una trascrizione completa del mio discorso prima della messa in onda — disse Walton. — Voglio leggerlo e approvarlo, se in teoria dovrebbe essere pronunciato da me.
— Naturalmente il lavoro è accurato, Roy. Non devi preoccuparti.
— Voglio leggerlo, prima! — disse seccamente Walton.
— Va bene, va bene. Non mangiarmi la faccia. Te lo mando su immediatamente, amico. Calmati. Prendi una pillola. Mettiti a tuo agio, Roy.
— Non me lo posso permettere — disse Walton.
Tolse la comunicazione e, quasi immediatamente, la seconda chiamata si inserì di prepotenza sullo schermo. Walton riconobbe l'uomo: era uno dei tecnici del reparto comunicazioni, del ventitreesimo piano.
— Bene?
— Abbiamo ricevuto un altro messaggio da McLeod, signore. Il messaggio è giunto mezz'ora fa e da quel momento abbiamo cercato di metterci in contatto con lei, senza riuscirci.
— Non ero in ufficio. Mi legga il messaggio.
Il tecnico spiegò un foglio di carta.
— Il messaggio dice: "Arriverò a Nairobi stanotte, sarò a New York in mattinata, McLeod".