Per la seconda volta nel corso della giornata Roy Walton vide il suo volto apparire sullo schermo. Diede un'occhiata al testo che aveva in mano, poi tornò a guardare lo schermo. I tecnici di Percy avevano compiuto un lavoro brillante. Il falso Walton sullo schermo era così reale che il vero Walton, disteso sul divano, pensò quasi di essere stato lui a fare il discorso… benché sapesse che era stato cucinato servendosi di pochi ingredienti, qualche parola che gli era uscita dalle labbra, i fonemi fondamentali che contenevano le caratteristiche della sua voce.
Era un discorso del tutto innocuo. In tono umile lui esprimeva la sua venerazione per il compianto direttore, la speranza di riuscire a colmare il vuoto lasciato dalla morte di FitzMaugham, i suoi sentimenti per Poppy, considerata una missione sacra. Ascoltando a metà, Walton cominciò a leggere soltanto il testo, andando avanti.
Sorpreso, Walton diede un'occhiata al testo. Non ricordava di avere incontrato una frase come quella che stava dicendo sullo schermo, durante la prima lettura, e non riuscì a trovarla neppure adesso.
— Questa mattina — stava dicendo il falso Walton sullo schermo — abbiamo stabilito un "contatto con lo spazio esterno"! Contatto con un'astronave più veloce della luce, lanciata più di un anno fa a esplorare le stelle vicine.
"La notizia di questo viaggio è stata mantenuta nel più completo riserbo fino a questo momento, per motivi di sicurezza. Ma è con immenso piacere che questa sera io vi annuncio che finalmente le stelle sono state raggiunte dall'uomo… Un nuovo mondo ci aspetta lassù, fertile, verde, pronto a essere colonizzato dai coraggiosi pionieri di domani!"
Walton fissò lo schermo, spaventato e attonito. La sua immagine era ritornata adesso al testo approvato, ma ormai Walton non ascoltava più.
Stava pensando che Percy aveva fatto un colpo mancino, questo era sicuro. La notizia non era autorizzata. Cupamente, Walton seguì il programma fino alla fine, e si chiese quali ripercussioni ci sarebbero state, quando il pubblico avesse capito tutte le implicazioni della notizia.
Fu svegliato alle sei in punto dal trillo del visifono. Si alzò dal letto, intorpidito, e sollevò il ricevitore. L'immagine sullo schermo fu filtrata, perché i suoi lineamenti non fossero rivelati, rivelando anche il suo aspetto stanco e disfatto. Walton disse: — Sono Walton. Che c'è?
Una immagine si formò sullo schermo; l'immagine di un uomo abbronzato sulla cinquantina, con i capelli cortissimi.
— Spiacente di svegliarla così bruscamente, vecchio mio. Sono McLeod.
Walton si svegliò completamente nel giro di un secondo.
— McLeod? Dove si trova?
— A Long lsland. Sono arrivato all'aeroporto un momento fa. Ho viaggiato per tutta la notte, dopo l'atterraggio dell'astronave a Nairobi.
— L'atterraggio è stato buono, immagino…
— Perfetto. L'astronave è un vero gioiello. — McLeod corrugò la fronte, con aria preoccupata. — Mi hanno portato i giornali del mattino, durante la colazione. Non ho potuto fare a meno di leggere il suo discorso.
— Oh. Io…
— Un discorso sensazionale — disse McLeod, in tono tranquillo. — Ma non crede che sia stato un po' prematuro, da parte sua, diffondere la notizia del mio volo? Cioè, voglio dire…
— È stato davvero prematuro — disse Walton. — Un membro del mio personale ha inserito quella dichiarazione nel discorso senza che io ne fossi al corrente. Sarà sottoposto a gravi provvedimenti, per aver fatto questo.
Un'espressione perplessa apparve sul viso deciso e aperto di McLeod.
— Ma è stato "lei" a fare quel discorso, con le sue labbra! Come può incolparne un membro del suo personale, mi dica?
— La scienza che può inviare un'astronave a Procione e farla tornare indietro nel giro di un anno — disse Walton — può anche arrangiare un discorso. Ma immagino che potremo coprire lo scalpore della diffusione prematura della notizia, senza troppi inconvenienti.
— Io non ne sono così sicuro — disse McLeod. Si strinse nelle spalle, con aria di scusa. — Vede, il pianeta c'è, naturalmente. Ma succede che sia proprietà di creature straniere che vivono nel mondo vicino. E queste creature non sono così felici di avere una banda di terrestri nel loro sistema, una banda di terrestri pronti a colonizzare il pianeta!
Walton riuscì a conservare l'autocontrollo, anche se non capì in qual modo ci fosse riuscito. La notizia era più rovinosa di un terremoto.
— Lei è stato in contatto con queste creature straniere? — domandò.
McLeod annuì.
— Hanno un sistema di traduzione meccanica. Sì, le abbiamo incontrate.
Walton s'inumidì le labbra.
— Io credo proprio che ci saranno dei guai — disse.
— Credo anche di aver perso il posto.
— Come ha detto?
— Stavo solo pensando ad alta voce — disse Walton.
— Finisca la colazione e venga nel mio ufficio alle nove. Potremo discutere dell'intera faccenda.
Walton aveva riacquistato il pieno controllo di sé, quando raggiunse il Cullen Building.