Читаем Padrone della vita, padrone della morte полностью

Aveva letto i giornali del mattino, e aveva assistito ai notiziari televisivi; erano tutti pieni della notizia diffusa nel discorso di Walton, e alcuni dei giornalisti più coraggiosi avevano stampato un riassunto dell'intero discorso, ridotto negli elementi fondamentali del linguaggio, naturalmente, a beneficio del pubblico dei lettori, o di quella grande parte del pubblico dei lavoratori che si trovava maggiormente a suo agio quando leggeva muovendo le labbra. Il giornale più apertamente ostile a Poppy, il Citizen, si divertiva sommamente a dedicare ampio spazio al discorso, dedicando un editoriale rovente al "velo di segretezza" che circondava le operazioni di Poppy.

Walton lesse per due volte l'editoriale del Citizen, assaporando la semplicità di espressioni che sconfinava quasi nell'analfabetismo. Il popolo adorava il tono letterario di quel giornale. Walton ritagliò accuratamente l'editoriale, lo infilò in una busta che gettò nel condotto pneumatico che lo collegava alla sezione delle Pubbliche Relazioni, indirizzando la busta, semplicemente, a "Lee Percy", con l'aggiunta della parola "Attenzione".

— Un certo signor McLeod desidera vederla — disse la segretaria nell'intercom. — Afferma di avere un appuntamento con lei.

— Lo faccia entrare — disse Walton. — E avverta il signor Percy di salire.

Aspettando l'arrivo di McLeod, Walton sfogliò gli altri giornali. Alcuni lodavano Poppy per avere nascosto la notizia del motore interstellare per così lungo tempo. Walton accumulò ordinatamente i giornali in un angolo della sua scrivania.

Nelle ore scure e vuote del mattino si era aspettato di venire costretto a dimettersi. Ora, se ne rendeva conto, avrebbe potuto rafforzare enormemente la sua posizione, se fosse riuscito a controllare il flusso degli eventi e a incanalarlo nella maniera più adatta.

La figura massiccia di McLeod apparve sullo schermo. Walton lo fece entrare.

— Signore, io sono McLeod.

— Certo. Vuole accomodarsi?

McLeod era teso, rigidamente formale, molto britannico nel suo riserbo e nel suo aspetto generale. Walton fece un gesto pieno di disagio, cercando di superare l'ondata di imbarazzo e il nervosismo.

— A quanto sembra, abbiamo tra le mani un bel pasticcio — disse. — Ma non c'è nessun pasticcio così impasticciato da impedirci di sbrogliarlo, eh?

— Se è necessario, signore. Ma non posso fare a meno di pensare che tutto questo avrebbe potuto venire evitato.

— No. Lei si sbaglia, McLeod. Se avesse "potuto" venire evitato, l'avremmo evitato. Il fatto che qualche idiota nella mia sezione delle relazioni pubbliche sia riuscito a scoprire che lei stava ritornando è incontrovertibile; è accaduto, malgrado ogni precauzione.

— Il signor Percy — annunciò la segretaria, nell'intercom.

La figura angolosa di Lee Percy apparve sullo schermo. Walton gli disse di entrare.

Percy appariva spaventato… terrificato, pensò Walton. Teneva in mano un foglio di carta piegato.

— Buongiorno, signore.

— Buongiorno, Lee. — Walton notò che il "tu" amichevole e il Roy erano stati sostituiti dal formale "signore". — Hai ricevuto il ritaglio che ti ho mandato?

— Sì, signore. — Con aria cupa.

— Lee, ti presento Leslie McLeod, capo delle operazioni del nostro fortunato progetto interstellare. Colonnello McLeod, desidero presentarle Lee Percy. È la mente maestra che ha prodotto la nostra piccola fuga di notizie di ieri sera.

Percy barcollò visibilmente sotto il colpo. Fece un passo avanti e posò il foglio di carta sulla scrivania di Walton.

— H-ho f-fatto un e-errore, ieri sera — balbettò. — Non avrei mai dovuto diffondere quella notizia.

— Hai detto giusto, accidenti a te — ammise Walton, tenendo la sua voce accuratamente controllata in un tono amichevole. — Ci hai scoperchiato una pentola bollente, Lee. Quel pianeta non è a nostra disposizione per la colonizzazione, malgrado l'entusiasmo col quale ho lietamente annunciato la cosa ieri sera. E tu dovresti essere abbastanza intelligente da sapere che è impossibile ritirare una buona notizia, quando la si è diffusa.

— Il pianeta non è nostro? Ma…

— Secondo il colonnello McLeod — disse Walton — il pianeta è di proprietà di creature intelligenti che vivono su un mondo vicino, e che non desiderano la presenza di un'orda di coloni stranieri nel loro sistema solare più di quanto noi non desidereremmo una colonia di formiconi intelligenti su Marte.

— Signore, questo foglio… — disse Percy, in tono soffocato. — È… è…

Walton lo aprì. Erano le dimissioni di Percy. Lo lesse due volte, sorrise, e lo posò sulla scrivania. Adesso era il momento di mostrarsi magnanimo.

— Respinte — disse. — Abbiamo bisogno di te, Lee, nel nostro gruppo. Ho ordinato una decurtazione del dieci per cento sullo stipendio, per la durata di una settimana, a decorrere da ieri, ma questa sarà l'unica sanzione.

— Grazie, signore.

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