Ma ora Walton non fissava i colori mutevoli con tranquillità o ammirandone semplicemente il valore estetico e cromatico, bensì con una certa dose di nervosismo e di preoccupazione. Adesso sapeva che quei colori potevano costituire un'arma assai pericolosa; e come faceva a sapere che i proprietari della Sala di Bronzo non stessero lanciando nella sua direzione degli impulsi subliminali, in quello stesso momento?
Spense l'apparecchio, con un gesto brusco.
"Il fine giustifica i mezzi". Una bella giustificazione, pensò, che gli permetteva di fare quasi tutto. Gli veniva in mente la fredda, logica conclusione di Ivan Karamazov: senza Dio, ogni cosa è permessa.
Ma oggi Dio e Dostoievski sono cose superate, o almeno lo sembrano, si ricordò. Dio è oggi un giovanotto magro, con un ufficio al ventinovesimo piano del Cullen Building… e in quanto a Dostoievski, sapeva soltanto scrivere dei libri, e perciò non avrebbe mai potuto essere di grande importanza, lui.
Provò un brivido di dubbio. Forse non sarebbe stato saggio diffondere in tutto il mondo la propaganda per mezzo dei caleidovortici; una volta scatenata quella forza, forse non sarebbe stato facile riportarla sotto controllo, imbrigliarla di nuovo. Si rese conto che, non appena terminata la campagna di Poppy, avrebbe dovuto escogitare un metodo per controllare con ogni cura tutti i circuiti chiusi e i circuiti pubblici di quel genere di trasmissioni, per evitare ogni possibile rischio.
La parte più maledetta di questa tecnica di propaganda, pensò, era che con essa si poteva diffondere qualsiasi idea, senza destare i sospetti dello spettatore. Lo spettatore non avrebbe saputo in alcun modo che qualcuno pasticciava con la sua volontà; una volta impiantata la nuova idea, non vi avrebbe creduto neppure se gliel'avessero detto. "Io"? avrebbe risposto. "Io non mi lascio convincere così facilmente! Io ho le mie idee, perché so pensare!"
Pensare, davvero! Massa di imbecilli, così, in tutti i tempi uguali.
Walton ordinò un altro rum, e sollevò il bicchiere alle labbra con mano lievemente tremante.
— Il signor Ludwig delle Nazioni Unite ha chiamato mentre lei era fuori, signore — disse la segretaria, quando Walton ritornò in ufficio. — Vorrebbe avere sue notizie. E sarebbe lieto se lei lo richiamasse subito.
— Benissimo. Me lo passi.
Quando Ludwig apparve sullo schermo, Walton disse:
— Mi dispiace di non essere stato qui, quando lei ha chiamato. Che sta succedendo?
— Una seduta speciale del Consiglio di Sicurezza, che è finita proprio in questo momento. Hanno approvato all'unanimità una risoluzione e l'hanno passata all'Assemblea Generale. Ci sarà un'immediata seduta per designare il nuovo direttore permanente di Poppy.
Walton serrò le labbra. Dopo un momento disse:
— Come mai?
— La crisi dirnana. Non vogliono che sia un semplice direttore ad interim a occuparsi delle cose. Pensano che l'uomo incaricato di trattare con gli stranieri debba avere tutte le benedizioni dell'ONU.
— Dovrei dedurre che io riceverò l'incarico automaticamente?
— Non ci giurerei — disse Ludwig. — Certamente la tendenza generale è quella di lasciarla continuare. Ma non si sa mai. Le consiglio di presentarsi personalmente alla seduta dell'Assemblea, per esporre il suo programma nei particolari; altrimenti potrebbero infilare qualche politico linguacciuto al suo posto. Comincerà tutto alle undici di dopodomani, il diciotto.
— Ci sarò — disse Walton. — Grazie per l'informazione.
Rimase a masticare per qualche secondo la punta della sua matita, e poi annotò l'ora e la data. Per il momento, non doveva preoccuparsi troppo degli eventi che avrebbero avuto luogo dopodomani… no, quando Fred si sarebbe presentato per un confronto definitivo il giorno dopo, alle undici!
Il giorno successivo cominciò in maniera già abbastanza congestionata. Hervey fu il primo a chiamare.
— Il
— È tutto in regola? — chiese Walton.
— In questo momento. Mi sono alzato alle sette e ho riunito le mie azioni… le "tue" azioni, voglio dire! Quarantasette per cento dell'intero pacchetto azionario… questa percentuale l'avevo divisa in una dozzina di nominativi diversi; l'altro due per cento delle azioni apparteneva a ricche vedove che non volevano vendere a nessun prezzo. Ho riunito questo quarantasette per cento a tuo nome, poi ho completato il trasferimento di proprietà del quattro per cento di Murlin, sempre a tuo nome. Il
— Ottimo lavoro. Quanto è costato?
— Quattrocentottantatré milioni e pochi spiccioli. Più la mia solita percentuale del cinque per cento, che in questo caso ammonta a circa due milioni e un quarto.