Mentre Saphira svaniva nel cielo scuro, Eragon si avvicinò a Cadoc e montò a fatica in sella. «Grazie di averci aiutati. Adesso faresti meglio ad andartene. Allontanati da noi il più in fretta possibile. Sarai in pericolo, se l'Impero ti scopre con noi. Non possiamo proteggerti, e io non voglio cheti accada nulla di male per causa nostra.»
«Bel discorsetto, non c'è che dire» dichiarò Murtagh, spegnendo il fuoco. «ma dove andrete? Conosci un posto nelle vicinanze dove potrete stare al sicuro?»
«No» ammise Eragon.
Gli occhi di Murtagh scintillarono, mentre faceva scorrere le dita sull'elsa della spada. «In questo caso, credo che vi accompagnerò finché non sarete fuori pericolo. Per parte mia, non ho niente di meglio da fare; anzi, se resto con voi ho maggiori probabilità di incontrare i Ra'zac che se fossi da solo. Accadono cose interessanti, intorno a un Cavaliere.»
Eragon esitò, indeciso se accettare aiuto da uno sconosciuto. Capiva di essere troppo debole per cavarsela da solo. Se Murtagh si rivelasse indegno di fiducia, Saphira potrà sempre cacciarlo via. «D'accordo, unisciti a noi, se vuoi.»
Murtagh annuì e montò sul suo cavallo da guerra. Eragon prese le redini di Fiammabianca, e insieme si allontanarono.
dall'accampamento, inoltrandosi nella natura selvaggia. La falce di luna alta nel cielo spandeva una luce fioca, che, Eragon lo sapeva, avrebbe soltanto aiutato i Ra'zac a rintracciarli. Avrebbe voluto fare altre domande allo straniero, ma rimase in silenzio, risparmiando energie per la cavalcata. All'approssimarsi dell'alba, Saphira disse:
La trovarono accucciata ai piedi di un cumulo di arenaria che sorgeva dal terreno come una grande collina. Le sue pendici erano perforate da cavità di varie misure, e tutt'intorno erano disseminate gobbe simili. Saphira sembrava compiaciuta.
La caverna era lunga una trentina di metri e larga venti, eppure aveva un ingresso molto piccolo che la proteggeva dalle intemperie e da occhi indiscreti. Il fondo era inghiottito dalle tenebre, che rivestivano le pareti come arazzi di soffice velluto nero.
«Perfetto» disse Murtagh. «Raccolgo la legna per il fuoco.» Eragon corse da Brom. Saphira lo aveva posato su una piccola sporgenza di roccia, verso il fondo. Eragon prese la mano abbandonata di Brom e scrutò angosciato il suo volto rugoso. Dopo qualche minuto, sospirò e tornò al falò che Murtagh aveva acceso.
Mangiarono in silenzio, poi provarono a dare un po' d'acqua a Brom, che però non bevve. Sfiniti, distesero a terra le coperte e si addormentarono.
L'ADDIO DI UN CAVALIERE
S
«Aiutami a tenerlo fermo. Finirà per farsi male!» gridò a Murtagh, mentre cingeva le braccia di Brom. Gli spasmi del vecchio gli procuravano dolorose fitte al costato. Insieme riuscirono a trattenere Brom finché le convulsioni non furono finite. Poi lo ridistesero con cautela sulla roccia. Eragon toccò la fronte di Brom. La sua pelle era così bollente che il calore si avvertiva perfino a un paio di pollici di distanza. «Portami dell'acqua e un panno» disse, preoccupato. Murtagh eseguì, ed Eragon fece al vecchio delle spugnature fredde per abbassare la febbre. Nel silenzio della caverna, notò che fuori si era fatto giorno. Quanto abbiamo dormito? chiese a Saphira.