Eragon indietreggiò verso Murtagh, con le braccia che tremavano a ogni colpo dello Spettro, e quei colpi diventavano sempre più potenti. Non aveva più la forza di ricorrere alla magia, nemmeno se lo avesse voluto. Poi, con una sprezzante torsione del polso, lo Spettro fece volare via Zar'roc dalle mani di Eragon. L'impatto lo gettò in ginocchio, e lì rimase, ansante. Il fragore sul tetto era più forte che mai. Qualunque cosa fosse, si stava avvicinando.
Lo Spettro abbassò lo sguardo su di lui con aria sdegnosa. «Potresti essere un pezzo importante nella partita che si sta giocando, ma mi hai deluso. Se gli altri Cavalieri erano altrettanto deboli, devono aver controllato l'Impero soltanto grazie al loro numero.»
Eragon guardò in alto e scosse il capo. Aveva capito il piano di Murtagh, Saphìra, adesso sì che sarebbe il momento buono. «No, dimentichi qualcosa.»
«E che cosa, di grazia?» domandò lo Spettro, beffardo.
Una potente vibrazione scosse l'aria, mentre un frammento di soffitto si staccava a rivelare il cielo notturno. «I draghi!» ruggì Eragon per superare il frastuono, e si gettò di lato fuori dalla portata dello Spettro. Lo Spettro ringhiò di rabbia, roteando la spada con ferocia assoluta. Lo mancò e tentò un affondo. La sua espressione maligna si mutò in sorpresa, mentre una delle frecce di Murtagh gli attraversava una spalla.
Lo Spettro rise e spezzò la freccia con due dita. «Devi fare di meglio, se hai intenzione di fermarmi.» La freccia seguente lo colpì tra gli occhi. Lo Spettro ululò di dolore e si contorse, coprendosi il volto. La sua pelle divenne grigia. Intorno a lui si formò un alone di nebbia che oscurò la sua figura. Si udì un grido raccapricciante; poi la nebbia svanì.
Dove un secondo prima c'era lo Spettro, non restavano altro che il mantello e pochi abiti sparsi. «L'hai ucciso!»
esclamò Eragon. Conosceva soltanto due eroi della leggenda che erano sopravvissuti uccidendo uno Spettro. «Non ne sarei così convinto» disse Murtagh.
Un uomo gridò: «Guardate! E caduto. Prendiamoli!». Soldati armati di reti e lance si riversarono nel refettorio da entrambe le porte. Eragon e Murtagh indietreggiarono fino al muro, trascinando con loro l'elfa. Gli uomini si disposero a semicerchio intorno a loro. In quel momento, Saphira infilò la testa nello squarcio del soffitto e ruggì. Afferrò il bordo dell'apertura con i potenti artigli e staccò un altro vasto spicchio di soffitto.
Tre soldati fuggirono, ma gli altri mantennero la posizione. Annunciata da un fragore assordante, la trave centrale del soffitto si spezzò e cadde in una pioggia di pesanti frammenti. I soldati si dispersero, confusi, cercando di schivare i mortali detriti. Eragon e Murtagh si appiattirono contro la parete per evitarli. Saphira ruggì ancora, e i soldati se la diedero a gambe, calpestandosi a vicenda in una fuga disperata.
Con un ultimo sforzo titanico, Saphira divelse ciò che restava del soffitto prima di saltare nella sala ad ali raccolte. Atterrò su un tavolo, che si schiantò sotto il suo peso. Urlando di gioia, Eragon le gettò le braccia al collo. Lei mormorò felice:
Saphira balzò e uscì attraverso lo squarcio nel tetto della fortezza, dove giacevano i corpi dei soldati sbaragliati. «Guardate!» disse Murtagh, indicando una fila di arcieri schierati su una torre dall'altra parte del refettorio.
«Saphira, devi alzarti subito. Ora!» gridò Eragon.
La dragonessa dispiegò le ali, corse verso il margine della costruzione e si diede la spinta facendo leva sulle zampe possenti. Il peso del suo carico la fece precipitare paurosamente. Mentre tentava di riprendere quota, Eragon sentì lo schiocco sonoro delle corde degli archi.
Un nugolo di frecce volò verso di loro nell'oscurità.
Saphira ruggì di dolore quando fu colpita e s'inclinò bruscamente a sinistra per evitare la seconda raffica. Altre frecce forarono il cielo, ma la notte li protesse dai dardi mortali. Sconvolto, Eragon si chinò sul collo di Saphira.