Eragon rabbrividì all'idea.
Eragon assentì, cupo. «Come hai fatto a entrare al castello?»
Murtagh ridacchiò. «Con una lauta mancia, infilandomi nel canale di scolo delle cucine. Disgustoso. Ma il piano non avrebbe funzionato senza Saphira. Lei» si interruppe e si rivolse direttamente alla dragonessa. «tu sei l'unica ragione per cui siamo ancora vivi.»
Eragon le posò una mano sul collo squamoso in un gesto di affetto, e lei rispose con un borbottio grato.
Poi il ragazzo contemplò a lungo il volto dell'elfa, rapito. Si alzò a malincuore. «Dovremmo prepararle un giaciglio.»
Murtagh si alzò in piedi e distese una coperta per l'elfa. Quando ve la deposero, la manica della sua tunica si impigliò in un ramo e si strappò. Eragon fece per accostare i lembi dello strappo quando si fermò inorridito.
Il braccio dell'elfa era coperto di lividi e tagli: alcuni vecchi, già in via di guarigione, altri ancora freschi e sanguinanti. Eragon scosse il capo con rabbia e le sollevò ancora di più la manica. Le ferite arrivavano fin sopra la spalla. Con dita tremanti, slegò i lacci della camicia chiusa sulla schiena, temendo ciò che avrebbe potuto trovare.
Quando la pelle della tunica si aprì, Murtagh lanciò un'imprecazione. La schiena dell'elfa era forte e muscolosa, ma coperta di cicatrici che rendevano la sua pelle simile a uno strato di fango secco percorso da crepe. Era stata frustata senza pietà e marchiata con tenaglie arroventate. Dove la pelle era ancora intatta, era violacea e nera per i colpi ricevuti. Sulla spalla sinistra c'era un tatuaggio fatto con inchiostro indaco. Era lo stesso simbolo inciso sullo zaffiro dell'anello di Brom. Eragon giurò a se stesso che avrebbe ucciso chiunque si fosse reso responsabile di quelle torture. «Puoi guarirla?» gli chiese Murtagh.
«lo... non lo so» rispose Eragon, e respinse a fatica un improvviso senso di nausea. «Le ferite sono così tante.»
Si..
«Non è il caso di accendere il fuoco, potrebbero vederci» obiettò Murtagh. «Dovrai usare stracci non lavati, e il cibo sarà freddo.» Eragon fece una smorfia, ma annuì. Mentre posava con delicatezza una. mano sulla schiena dell'elfa, Saphira si accovacciò accanto a lui, gli occhi scintillanti fissi sulla fanciulla. Eragon inspirò a fondo, poi richiamò il potere magico e si mise all'opera.
Pronunciò le antiche parole: «WaIse heill!» Sotto il suo palmo la bruciatura tremolò, e su di essa si formò uno strato di nuova pelle. intatta, che si richiuse senza lasciare alcuna cicatrice. Tralasciò lividi e ferite non gravi, perché guarirli tutti. gli avrebbe consumato tutta l'energia.
necessaria a curare quelli più gravi. Mentre lavorava, si meravigliò che l'elfa fosse ancora viva; era stata sottoposta a ripetute torture che l'avevano portata sull'orlo della morte con una precisione agghiacciante.