L'aria era gelida quando si alzarono, il giorno dopo. La sabbia aveva una sfumatura rosa nelle prime luci del mattino, e aleggiava una caligine grigiastra che nascondeva l'orizzonte. L'umore di Murtagh non era migliorato con la dormita, ed Eragon scoprì che anche il suo andava peggiorando rapidamente. Durante la colazione, domandò: «Credi che manchi molto alla fine del deserto?» . Gli occhi di Murtagh lampeggiarono di collera. «Ne stiamo attraversando una parte molto piccola, perciò immagino che ci vogliano ancora due o tre giorni.» «Ma abbiamo fatto tanta strada.» «D'accordo forse di meno! L'unica cosa che mi preme in questo momento è uscire dall'Hadarac il più in fretta possibile. Quello che stiamo facendo è già abbastanza duro: ci manca solo che cominciamo a contare ogni cinque minuti i granelli di sabbia calpestati.»
Finirono di mangiare, e poi Eragon andò dalTelfa. Dormiva un sonno profondo; sembrava un cadavere, se non fosse stato per il respiro regolare. «Dov'è la tua ferita?» sussurrò Eragon, scostandole una ciocca di capelli dal viso. «Come puoi dormire così e restare in vita?» L'immagine di lei, vigile e tesa nella cella, era ancora vivida nella sua memoria. Preoccupato, preparò l'elfa per il viaggio, poi sellò Fiammabianca e montò.
Mentre lasciavano il campo, all'orizzonte cominciarono a delinearsi delle sagome scure, indistinte nell'aria polverosa, Murtagh pensò che fossero colline distanti. Eragon non ne era convinto, ma non riusciva a scorgere altri dettagli.
Il dramma dell'elfa gli occupava la mente. Era sicuro di dover fare qualcosa per lei, altrimenti sarebbe morta: ma non sapeva che cosa. Saphira era preoccupata quanto lui. Ne parlarono per ore, ma nessuno di loro ne sapeva abbastanza di arti mediche da poter risolvere il problema. Intorno a mezzogiorno fecero una breve sosta. Quando ripresero il cammino, Eragon notò che la foschia si era diradata dalla mattina, e che le remote sagome scure apparivano più nitide,.Non, erano più confuse macchie violacee, ma grandi alture coperte di foreste dal profilo netto. L'aria sopra di loro era biancastra, come se fosse scomparso ogni colore dalla striscia di cielo che sovrastava le colline e si estende va per tutto l'orizzonte, Eragon osservò il paesaggio, perplesso, ma più cercava una spiegazione a quello che vedeva, più era confuso. Battè le palpebre e scosse la testa, pensando che fosse un'illusione ottica dovuta all'aria del deserto. Ma quando riaprì gli occhi, l'inquietante, incongruo spettacolo era ancora lì. Il biancore copriva metà del cielo davanti a loro. Certo che ci fosse qualcosa di terribilmente sbagliato, fece per indicarlo a Murtagh e Saphira, quando all'improvviso capì che cosa stava osservando.
Quelle che avevano scambiato per colline erano le pendici più basse di gigantesche montagne, vaste miglia e miglia. Tranne che per le fitte foreste che ne coprivano la base, le montagne erano interamente coperte di neve e ghiaccio. Era stato questo a far credere a Eragon che il cielo fosse bianco. Cercò di scorgerne i picchi, ma non erano visibili. Le montagne si stagliavano verso il cielo fino a scomparire alla vista. Valli strette e frastagliate, con le pareti che quasi si sfioravano, fendevano i loro fianchi come profonde ferite. Sembrava di essere davanti a una muraglia scabra e dentellata che collegava Alagasëia ai cieli.
Saphira avvertì il suo stupore e seguì il suo sguardo. Non le ci vollero che pochi secondi per riconoscere le montagne per quello che erano.