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«Preferirei di no, per amore dei cavalli. Tornac non è abituato a lei come Fiammabianca. Potrebbe spaventarsi e fare del male a entrambi. Chiedi a Saphira di cercare acque basse dove poter guadare in sicurezza. Se non ne trova entro un miglio in entrambe le direzioni, allora immagino che dovremo accettare di essere traghettati da lei.»


Saphira accolse la richiesta di cercare un guado. Mentre la dragonessa volava in ricognizione, i due si accovacciarono accanto ai cavalli e mangiarono del pane secco. Saphira tornò presto, le ali di velluto che sussurravano nel cielo dell'aurora, L'acqua è profonda e tumultuosa sia a monte che a valle,

Appresa la notizia, Murtagh disse: «Allora vado prima io, così sorveglierò i cavalli.» Si arrampicò sulla sella di Saphira.


«Pensa tu a Tornac, È con me da tanti anni e non voglio che gli accada niente.» Poi Saphira si alzò in volo.


Quando tornò, non aveva più l'elfa legata al ventre. Eragon condusse Tornac dalla dragonessa, ignorando i nitriti spaventati del cavallo, Saphira s'impennò sulle zampe dietro per reggere il cavallo sotto la pancia con quelle davanti, Eragon guardò i suoi artigli poderosi e disse: «Aspetta!» Sfilò il sottosella di Tornac e glielo legò sotto la pancia per proteggerlo, poi fece cenno a Saphira di procedere.


Tornac sbuffò spaventato e tentò di scappare quando le zampe di Saphira si chiusero intorno a lui, ma lei lo tenne stretto. Il cavallo roteò gli occhi terrorizzato, mostrando il bianco intorno alle pupille dilatate, Eragon cercò di calmarlo con la mente, ma il panico del cavallo gli impedì di raggiungerlo. Prima che Tornac tentasse ancora di fuggire. Saphira spiccò un balzo verso il cielo, aiutandosi con una spinta così poderosa delle zampe dietro che le unghie incisero la roccia. Torse al massimo le ali, nello sforzo di sollevare l'enorme peso. Per un momento parve quasi sul punto di ripiombare a terra. Poi, con uno scatto dei muscoli, sfrecciò verso il cielo. Tornac nitrì di terrore, scalciando come un forsennato. Le sue grida erano terribili, come graffi su metallo.


Eragon imprecò ad alta voce, poi si pentì, temendo che qualcuno avesse potuto sentirlo. Farai meglio a muoverti., Saphira. Nell'attesa, continuò a tenere le orecchie ben aperte e a scrutare l'orizzonte nero, in cerca delle luci rivelatrici delle fiaccole. Il suo sguardo incontrò ben presto una linea di uomini a cavallo che scendevano lungo un dirupo a quasi una lega di distanza. Quando Saphira atterrò da lui, Eragon le portò Fiammabianca. Quello stupido animale di Murtagh ha avuto un attacco isteric. Murtagh. ha dovuto legarlo per impedirgli di fuggire. Afferrò Fiammabianca e lo trasportò dall'altra parte, ignorando le sonore proteste dell'animale. Eragon la guardò allontanarsi. Si sentì all'improvviso solo nella notte. I soldati erano a solo un miglio di distanza.


Finalmente Saphira tornò a prenderlo, e poco dopo si ritrovarono tutti insieme sulla terraferma, con il Ramr alle spalle. Una volta acquietati i cavalli e sistemate le selle, ripresero la loro corsa verso i Monti Beor. L'aria riecheggiava dei canti degli uccelli che salutavano un nuovo giorno. Eragon sonnecchiava mentre cavalcava. Era così stanco che non si accorse che Murtagh era intontito dal sonno quanto lui. Ci furono momenti in cui non guidarono nemmeno i cavalli, e fu soltanto la vigilanza di Saphira che impedì loro di perdere la rotta.


Alla fine il terreno divenne soffice e cedevole, costringendoli a fermarsi. Il sole splendeva alto nel cielo. Il Ramr non era più che una linea indistinta dietro di loro.


Avevano raggiunto il Deserto di Hadarac.

IL DESERTO DI HADARAC

U

n’immensa distesa di dune si dilatava verso l'orizzonte come un tappeto di onde in un oceano. Le raffiche di vento sollevavano mulinelli di sabbia color rame. Alberi contorti e scheletrici crescevano qua e là sul raro terreno solido, terreno che un contadino avrebbe

dichiarato inadatto a qualsiasi tipo di coltivazione. In lontananza si ergeva una linea di alture purpuree. In quella desolazione assoluta non c'era ombra di animale, tranne un uccello che si lasciava trasportare dagli zefiri.


«Sei sicuro che troveremo da mangiare per i cavalli?» domandò Eragon, la bocca impastata. L'aria secca e calda gli irritava la gola.


«Vedi quelle?» disse Murtagh, indicando le rocce scoscese. «Intorno a loro cresce un'erba bassa e tenace, ma per i cavalli andrà bene.»


«Spero che tu abbia ragione» disse Eragon, socchiudendo gli occhi per schermarli dai raggi infuocati. «Ma prima di proseguire, facciamo una sosta. La mia mente va a rilento come una lumaca, e a stento riesco a muovere le gambe.»


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