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L'imbrunire li trovò sfiniti e assonnati, ma decisi a pro-seguire. Mentre si preparavano a partire, Saphira fece notare a Eragon: Questa è la terza notte da quando siamo fuggiti da Gil'ead, e l'elfa non si è ancora svegliata, Sono preoccupata. Per giunta, continuò, non ha né bevuto né mangiato per tutto questo tempo. So poco degli elfi, ma lei è così esile che dubito che possa sopravvivere per molto senza cibo.


«Che c'è?» chiese Murtagh, che stava preparando Tornac.


«L'elfa» disse Eragon, guardandola. «Saphira è preoccupata perché non si è svegliata e non ha mangiato nulla; anch'io sono in pensiero. Le ho guarito le ferite, almeno quelle in superficie, ma non sembra che sia migliorata.»


«Forse lo Spettro le ha manipolato la mente» suggerì Murtagh.


«Allora dobbiamo aiutarla.»


Murtagh s'inginocchiò accanto alla donna. La guardò con attenzione, poi scosse il capo e si alzò. «A me sembra che stia solo dormendo, come se potessi svegliarla con una parola o con un gesto. Eppure continua a dormire. Può darsi che il coma sia qualcosa che gli elfi possono provocare per sottrarsi al dolore,. ma se è così, perché non si risveglia? Non c'è più pericolo per lei.» «Ma lei lo sa?» osservò Eragon in tono sommesso. Murtagh gli posò una mano sulla spalla. «Per ora non possiamo far niente. Dobbiamo andarcene subito, o rischiamo di perdere il vantaggio. Potrai occupartene più tardi, quando ci fermeremo.»


«Ancora una cosa» disse Eragon. Inzuppò uno straccio di acqua e poi lo strizzò sulle labbra dell'elfa, per farle arrivare qualche goccia. Ripetè l'operazione più volte, poi le tamponò la fronte e le sopracciglia oblique, sentendosi stranamente protettivo.

Proseguirono attraverso le colline, evitando di salire sul crinale per paura di essere individuati dalle sentinelle. Saphira restò con loro sul terreno per la stessa ragione. Malgrado la sua mole, era agile e silenziosa; si udiva soltanto il lieve raspare della coda sul terreno, simile al movimento di un grosso serpente azzurro.


Il cielo cominciò a rischiararsi a est. Aiedail, la stella del mattino, comparve mentre raggiungevano il margine coperto di arbusti di una riva scoscesa. L'acqua rumoreggiava di sotto mentre si frangeva sui massi e sciabordava contro i rami.


«Il Ramr!» esclamò Eragon. Murtagh annuì. «Sì! Dobbiamo trovare un punto dove guadare.» Non è necessario, disse Saphira. Posso farvi attraversare io, non importa quanto è largo il fiume. Eragon guardò la sua grande sagoma azzurra. E i cavalli? Non possiamo lasciarli qui E sono troppo pesanti per te.


Se non ci siete voi a montarli e non si agitano troppo, posso farcela. Se riesco a evitare nugoli di frecce con tre persone in groppa, potrò di certo trasportare in volo un cavallo da una riva all'altra. Ti credo, ma non tentiamo se non è necessario. È troppo pericoloso.


La dragonessa scese lungo l'argine. Non possiamo permetterci di perdere tempo

Eragon la seguì, conducendo Fiammabianca. L'argine terminava bruscamente sul Ramr. Il fiume scorreva nero e turbinoso. Una nebbiolina biancastra si levava dall'acqua, come sangue che fuma in un giorno d'inverno. Era impossibile scorgere l'altra sponda. Murtagh gettò un ramo nel corso d'acqua e lo guardò correre via, trascinato dalla corrente impetuosa,


«Quanto credi che sia profondo qui?» domandò Eragon,


«Non lo so» disse Murtagh, con una sfumatura di tensione nella voce. «Potresti stabilire quanto è largo con la magia?»


«Non credo, non senza illuminare questo posto come un faro.»


Sollevando un improvviso mulinello d'aria, Saphira si alzò in volo e sorvolò il Ramr. Dopo qualche minuto disse:


Sono sull'altra riva. Il fiume è largo più di mezzo miglio, Non avreste potuto scegliere posto peggiore per attraversare; il Ramr qui compie una curva, ed è il punto più largo. «Mezzo miglio!» esclamò Eragon. A quel punto parlò a Murtagh della proposta di Saphira di trasportarli in volo.


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