Le forze abbandonarono Eragon in modo improvviso e devastante, facendogli battere il cuore a scatti, come quello di un uccellino morente. Cercò di respirare e strabuzzò gli occhi. Si sforzò di recidere il vincolo che lo teneva legato alla magia, di colmare il varco attravèrso cui fluiva la sua vita; con un ultimo ringhio selvaggio, si ritrasse e interruppe il contatto. Tentacoli di magia si dibatterono nella sua mente come serpenti decapitati, poi, riluttanti, si allontanarono dalla sua coscienza, portando con sé i suoi ultimi residui di forza. Il muro di nebbia crollò a terra come una torre di fango. Gli Urgali non erano stati fermati.
Eragon giaceva inerte su Saphira, ansante. Solo allora ricordò le parole di Brom: "La magia viene influenzata dalla distanza, proprio come una freccia o una lancia. Se cerchi di sollevare o spostare qualcosa a un miglio di distanza, ti ci vorrà più energia che se fosse vicino."
La dragonessa grugnì.
Saphira atterrò in un piccolo campo con un sobbalzo, ed Eragon rimase sorpreso nel vedere i cavalli fermi, e Murtagh inginocchiato a esaminare il terreno. Quando Eragon non smontò da Saphira, Murtagh gli corse incontro. «Qualcosa non va?» domandò, arrabbiato, preoccupato e stanco al tempo stesso.
«... Ho fatto un errore» disse Eragon sincero. «Gli Urgali sono entrati nella valle. Ho cercato di confonderli, ma ho dimenticato una delle regole della magia, e mi è costato caro.» Accigliato, Murtagh puntò il pollice alle proprie spalle. «Ho appena trovato tracce di lupo, ma sono grandi quanto le mie due mani messe assieme, e profonde un pollice. Da queste parti si aggirano animali che potrebbero essere pericolosi anche per te, Saphira.» Si rivolse a lei. «So che non puoi entrare nella foresta, ma potresti volare in circolo sopra me e i cavalli? Questo dovrebbe tenere lontane le bestie. Altrimenti di me non resterà che un mucchietto di ossa spolpate.» «Sei in vena di battute?» disse Eragon con un sorriso debole. I suoi muscoli tremavano e faticava a concentrarsi.
«Umorismo nero.» Murtagh si strofinò gli occhi. «Non posso credere che siano gli stessi Urgali che ci inseguono da tanti giorni. Avrebbero dovuto essere uccelli, per raggiungerci.»
«Saphira ha detto che sono più grossi del solito» gli disse Eragon.
Murtagh imprecò, stringendo il pomello della spada. «Questo spiega tutto! Saphira, se hai ragione, allora devono essere Kull, il meglio degli Urgali. Avrei dovuto capirlo dal capoclan che li guida. Non vanno a cavallo perché gli animali non ne sopporterebbero il peso... nessuno di loro è alto meno di otto piedi.,. e possono correre per giorni senza dormire ed essere ancora pronti per la battaglia. Ci vogliono cinque uomini per ucciderne uno. I Kull non lasciano mai le loro caverne tranne che per muovere guerra, perciò è prevedibile un massacro su vasta scala, se sono usciti così a frotte.»
«Possiamo mantenere il vantaggio?»
«E chi lo sa?» disse Murtagh. «Sono forti, determinati e numerosi. È possibile che alla fine ci ritroveremo ad affrontarli. Se questo accade, spero solo che i Varden abbiano uomini appostati, pronti ad aiutarci. Malgrado le nostre capacità e Saphira, non possiamo sconfiggere i Kull.» Eragon vacillò. «Mi daresti un po' di pane? Ho bisogno di mangiare.» Murtagh si affrettò a porgergli un pezzo di pagnotta. Era vecchia e dura, ma Eragon la masticò con avidità. Murtagh scrutò le pareti della valle, gli occhi colmi di apprensione, Eragon sapeva che stava cercando una via d'uscita. «Ce ne sarà una più avanti.»
«Ne sono convinto» disse Murtagh con forzato ottimismo, poi si diede una pacca su una gamba. «Dobbiamo andare.»
«Come sta Arya?» chiese Eragon.