Sconcertato, Eragon fece qualche passo avanti, ma quando furono a meno di un metro di distanza, l'uomo disse: «Fermati lì! Ora, elimina le difese che circondano la tua mente e preparati a farmi ispezionare i tuoi pensieri e i tuoi ricordi. Se provi a nascondermi qualcosa, prenderò quello che voglio con la forza... e questo ti farà impazzire. Se non ti sottometti, il tuo compagno verrà ucciso.» «Perché?» chiese Eragon, atterrito.
«Per assicurarmi che non sei al servizio di Galbatorix e per capire perché centinaia di Urgali bussano alla nostra porta» ringhiò l’uomo calvo. I suoi occhi molto vicini non smettevano di guizzare da una parte e dall'altra. «Nessuno può entrare nel Farthen Pur senza aver passato l'esame.» «Non c'è tempo. Abbiamo bisogno di un guaritore!» protestò Eragon.
«Silenzio!» ruggì L’uomo, stringendo con le dita lunghe e scarne i bordi del mantello. «Finché non avrai risposto, le tue parole non hanno significato!»
«Ma sta morendo!» ribattè Eragon infuriato, indicando Arya. Erano in una situazione difficile, ma non avrebbe permesso che accadesse nulla finché qualcuno non si fosse preso cura di Arya. «Dovrà aspettare! Nessuno uscirà di qui finché non avremo scoperto la verità. A meno che...» Il nano che aveva salvato Eragon dal lago s'intromise nella discussione. «Ma sei cieco, Egraz Carn? Non vedi che c'è un'elfa in sella al drago? Non possiamo tenerla qui, se è in pericolo di vita. Ajihad e il re pretenderanno la nostra testa, se la lasciamo morire!»
Gli occhi dell'uomo calvo si ridussero a due fessure lampeggianti di collera. Dopo qualche istante, riprese il controllo e disse: «Ma certo. Orik, non vogliamo che questo accada.» Schioccò due dita e indicò Arya. «Fatela scendere di lì.» Due guerrieri umani rinfoderarono le spade e si avvicinarono esitanti a Saphira, che li fissò truce. «Svelti, svelti!»
Gli uomini slegarono Arya dalla sella e deposero l'elfa sul suolo. Uno degli uomini ne scrutò il volto, poi esclamò, sorpreso: «È la portatrice dell'uovo di drago. Arya!»
«Che cosa?» esclamò l'uomo calvo. Gli occhi del nano Orik si spalancarono per lo stupore. L'uomo calvo squadrò Eragon con rinnovata curiosità e disse: «Dovrai darci parecchie spiegazioni.» Eragon sostenne il suo sguardo con determinazione. «È stata avvelentata con lo Skilna Bragh mentre era in prigione. Soltanto il Nettare di Tùnivor può salvarla.»
Il volto dell'uomo divenne una maschera impassibile. Rimase immobile; solo le sue labbra si contraevano ogni tanto. «D'accordo. Portatela dai guaritori, e dite loro che cosa le occorre. Sorvegliatela finché la cerimonia non sarà completata. Poi avrò altri ordini per voi.» I guerrieri annuirono e trasportarono Arya fuori dalla stanza. Eragon li guardò uscire, col desiderio di accompagnarli. La sua attenzione tornò sull'uomo calvo, che disse; «Ora basta, abbiamo già perso troppo tempo. Preparati a essere esaminato.»
Eragon non voleva che quell'arrogante testa di biglia gli frugasse nella mente, mettendo a nudo ogni suo pensiero o emozione, ma sapeva che resistere sarebbe stato inutile. L'aria era tesa. Lo sguardo di Murtagh gli bruciava la fronte. Alla fine chinò il capo e disse: «Sono pronto.»
«Bene, allora...»
L'uomo calvo fu di nuovo interrotto da Orik, che disse in tono aspro: «Sarà meglio che tu non gli faccia del male, Egraz Carn, altrimenti il re avrà qualcosa da dirti.»
L'uomo calvo gli rivolse uno sguardo irritato, poi si voltò verso Eragon con un sorriso maligno. «Solo se resiste.» Chinò il capo e cominciò a pronunciare una serie di parole impercettibili. Eragon risucchiò il fiato con un gemito di dolore quando qualcosa di acuto gli trafisse la mente all'improvviso.
Sgranò gli occhi e cominciò a innalzare barriere intorno alla propria coscienza. L'attacco era di una potenza inaudita.