Rabbrividii. Derek mise altra legna sul fuoco. Le fiamme divamparono. — Brucia troppo in fretta. Non credo che durerà fino a domattina. — Mi rivolse un’occhiata. — Hai freddo, vero?
Feci il gesto dell’assenso. — E gli insetti mi stanno divorando. Devono aver deciso che odoro di cibo.
Si slacciò la camicia e se la tolse. — Eccoti.
— E tu che cosa farai?
— Starò in movimento. — Guardò il lago. — La luna è ancora alta nel cielo. Credo di avere tempo. Tu rimani qui, Lixia. — Si allontanò nelle tenebre.
Aprii la bocca per chiamarlo, poi pensai: che diamine. Mi infilai la camicia.
L’oracolo chiese: — Dove sta andando?
Feci il gesto che significava "chi lo sa?".
— Non c’è dubbio che si muova in fretta quando decide di dover fare qualcosa.
— Sì.
Inahooli gemette e si morse il labbro. L’oracolo le prese il polso. — Il battito si sta facendo più debole. Credo che morirà.
La donna aprì gli occhi. Le sue pupille si erano dilatate e scorgevo a stento l’iride. C’era un po’ di arancione negli angoli, ma la parte centrale di ogni occhio era scura. — No.
— Sì — ribatté l’oracolo. — Io non mento.
Lei chiuse gli occhi e si concentrò sulla respirazione. Diventava sempre più difficile per lei. Strano! Osservare una persona affannarsi per fare qualcosa di così facile e normale come tirare un respiro.
Mi alzai e misi altra legna sul fuoco. Poi tornai a sedermi. Restai in ascolto. Ogni respiro era un rantolo. Quando espirava sentivo un sibilo. L’aria usciva attraverso una qualche ostruzione. Un liquido. Sangue. Quando l’avevo colpita con la lancia dovevo aver perforato un polmone.
Il respiro andò avanti per un’altra ora o due. Mi alzai una volta e misi altra legna sul fuoco, poi restai lì, protesa sopra le fiamme. L’aria calda saliva attorno a me. La pelle d’oca scomparve e mi tornò la sensibilità alle mani. Strano che avessi così freddo! Dopo tutto, era piena estate. Ma la notte era fresca e soffiava un po’ di vento. Gli insetti erano spariti. Il vento doveva averli scacciati.
Tornai accanto a Inahooli, mi sedetti e restai in ascolto. Il fiato entrava e usciva e il suono che faceva era aspro e disperato. Verso l’alba divenne irregolare. C’erano pause, come se Inahooli passasse dal sonno alla veglia: il respiro s’interrompeva un attimo quando si svegliava. Ma non era mai veramente vigile. Mi strofinai le mani. Erano intorpidite dal freddo. L’oracolo sedeva in silenzio.
All’alba il respiro cessò. L’oracolo le tastò il polso e poi il collo. — Non c’è battito. — Si alzò in piedi. —
Mi alzai e mi stirai a mia volta. Mi dolevano il collo e la spalla e avevo altri piccoli problemi in tutto il corpo: dolori, fitte e punti irrigiditi.
Guardai Inahooli. Riuscivo a distinguere la sua posizione anche sotto il mantello. Giaceva su un fianco, le ginocchia piegate e le braccia incrociate contro il petto. La testa era piegata in avanti, il mento ripiegato. Non riuscivo a vedere la sua faccia.
Ero un’assassina. Per davvero questa volta, non soltanto una complice. Guardai verso est. La luce rossa brillava fra due fusti di erba enorme. Il sole stava sorgendo.
L’oracolo smise di saltellare. — Questo è il momento giusto per una canzone. Me ne è venuta in mente una mentre la osservavo. — Indicò Inahooli, poi si mise a cantare, usando il linguaggio dei doni. Riuscii a capire buona parte della canzone. In seguito lui mi spiegò le strofe che non avevo compreso.
"
Che situazione!
Neppure tu, Inahooli,
meriti
di finire così.
"Dove sono le tue sorelle?
Dovrebbero piangerti,
dondolandosi e gemendo
sull’ingresso della tua casa.
"Dove sono le tue cugine?
Dovrebbero piangerti,
portando doni
da seppellire nella tua tomba.
"
Che situazione!
Neppure tu, Inahooli
meriti
di finire così."
S’interruppe per un momento, aggrottando la fronte e grattandosi la nuca. — C’è un’altra strofa — disse. — L’ho appena sentita nella mente. Dammi un momento per ordinare le parole. — Si mordicchiò l’unghia del pollice, poi cantò:
"Questa è una morte da uomo,
morire senza doni.
Questa è una morte da uomo,
morire sulla pianura".
Il sole era ormai sorto. Derek tornò dal lago. Portava con sé un paio di bisacce da sella.
— Dove sei stato? — gli domandai.
— Sull’isola, quella che hai visitato tu. — Mise giù le bisacce e ne aprì una. — Farò uno scambio con te. La mia camicia per questa. — Tirò fuori una tunica. Era di un color bianco panna con ricami rossi e blu.
Slacciai la camicia di Derek. — Hai qualcosa per Inahooli? Mi piacerebbe riprendere il mantello di Nia. Non mi sembra giusto che stia addosso a lei.
Derek lanciò un’occhiata al corpo. — È morta?
— Sì.
Aprì l’altra bisaccia e tirò fuori un mantello. Era di un color marrone ruggine con un bordo giallo. L’oracolo tolse a Inahooli il mantello di Nia. Per un attimo intravidi il suo corpo, nudo salvo per la pelliccia scura e la fasciatura fatta di tessuto denim. Poi sparì alla vista.