L’asse centrale della Base Spaziale, con le sue braccia d’attacco protese, stava ora nuotando adagio verso di loro. Diversamente dalla struttura dalla quale scaturiva, non stava ruotando… o meglio, girava nella direzione opposta, a una velocità che controbilanciava esattamente la rotazione della Base. Così una nave spaziale in arrivo poteva essere accoppiata a esso, per il trasferimento dei passeggeri o del carico, senza essere disastrosamente coinvolta nel moto rotatorio.
Con il più morbido degli urti, astronave e Base entrarono in contatto. Si udirono all’esterno rumori metallici, raschianti, poi il sibilo breve dell’aria mentre le pressioni si portavano allo stesso valore. Pochi secondi dopo, il portello della camera d’equilibrio si aprì, e un uomo che indossava i leggeri, aderenti calzoni e la camicetta dalle maniche corte che costituivano quasi l’uniforme del personale della Base Spaziale entrò nella cabina.
«Lieto di conoscerla, dottor Floyd. Sono Nick Miller, Base di Sicurezza; devo occuparmi di lei fino alla partenza della “navetta”.»
Si scambiarono una stretta di mano, poi Floyd sorrise alla hostess e disse: «La prego di fare le mie congratulazioni al capitano Tynes e di ringraziarlo per il piacevole viaggio. Forse la rivedrò al mio ritorno.»
Con molta cautela (era trascorso più di un anno dall’ultima volta che si era trovato in assenza di peso, e sarebbe occorso qualche tempo prima che ritrovasse l’elasticità occorrente alle gambe nello spazio) si issò, una mano dopo l’altra, attraverso il portello, nella vasta camera circolare contenuta entro l’asse della Base Spaziale. Era un locale abbondantemente imbottito, con le pareti ricoperte di appigli incassati; Floyd afferrò saldamente uno di essi, mentre la camera incominciava a ruotare, fino a raggiungere la stessa velocità rotatoria della Base.
Man mano che acquistava velocità, deboli e fantomatiche dita gravitazionali cominciarono ad afferrarlo, ed egli andò adagio alla deriva verso la parete circolare. Adesso era in piedi e oscillava adagio avanti e indietro, come alghe marine nei movimenti di marea, su quello ch’era diventato magicamente un pavimento curvo. La forza centrifuga della rotazione della Base si era impadronita di lui; la si sentiva molto debolmente in quel punto, così vicino all’asse, ma sarebbe diventata costantemente più forte man mano che egli si fosse spostato verso l’esterno.
Dalla camera centrale di passaggio, seguì Miller giù per una scala a chiocciola. A tutta prima il suo peso era così scarso che dovette quasi spingersi in giù reggendosi a uno dei corrimani. Soltanto quando fu giunto nel salone passeggeri, contro la superficie esterna del grande disco in rotazione, aveva acquistato abbastanza peso per muoversi quasi normalmente.
Il salone era stato rimesso a nuovo, dall’ultima volta che egli lo aveva visto, e offriva nuove comodità. Oltre alle solite poltrone, ai tavolini, al ristorante e all’ufficio postale, vi si trovavano adesso un negozio di souvenir ove si vendevano fotografie e diapositive di paesaggi lunari e planetari, nonché frammenti garantiti autentici di Lunik, Ranger e Surveyor, tutti montati in plastica e tutti a prezzi esorbitanti.
«Posso procurarle qualcosa mentre aspettiamo?» domandò Miller. «Saliamo a bordo tra una trentina di minuti.»
«Mi andrebbe un caffè forte, con due zollette di zucchero, e vorrei chiamare al telefono la Terra.»
«Benissimo, dottore… le porterò il caffè… i telefoni sono da quella parte.»
Le pittoresche cabine telefoniche si trovavano a pochi metri appena da una recinzione con due ingressi accanto ai quali v’erano targhe con la scritta BENVENUTI NEL SETTORE AMERICANO e BENVENUTI NEL SETTORE SOVIETICO. Sotto queste targhe figuravano avvisi in inglese, russo, cinese, francese, tedesco e spagnolo.
PREGASI DI TENER PRONTI:
Il passaporto
Il visto
Il certificato medico
Il permesso di trasporto
La dichiarazione del peso
V’era un simbolismo alquanto piacevole nel fatto che, non appena varcata la recinzione, in entrambe le direzioni, i passeggeri erano liberi di tornare a riunirsi. La divisione aveva scopi puramente amministrativi.
Floyd, dopo essersi accertato che il numero di codice per gli Stati Uniti continuava a essere 81, formò il proprio numero di telefono composto di dodici cifre, lasciò cadere nella fessura la carta di credito universale in plastica, e ottenne la comunicazione dopo trenta secondi.
Washington era ancora immersa nel sonno, poiché mancavano parecchie ore all’alba, ma lui non avrebbe disturbato nessuno. La sua governante avrebbe avuto la comunicazione dal registratore, non appena si fosse destata.