A ogni chilometro la densità del gas intorno a essa si era raddoppiata e la pressione saliva man mano che il robot scendeva sempre più verso la superficie nascosta del pianeta. Si trovava ancora alto sopra quel mare misterioso, quando l’immagine ebbe un tremolìo premonitore, e poi svanì, mentre il primo esploratore della Terra si schiacciava sotto il peso dei chilometri di atmosfera sovrastante.
Aveva fornito, durante la sua breve vita, un’immagine fuggevole di forse un milionesimo di Giove, e si era a malapena avvicinato alla superficie del pianeta, centinaia di chilometri più in basso nelle nebbie sempre più fitte. Quando l’immagine scomparve dallo schermo, Bowman e Poole poterono soltanto rimanere seduti in silenzio, rimuginando la stessa riflessione nella loro mente.
Gli antichi avevano, invero, fatto più di quel che sapevano dando a questo mondo il nome del signore di tutti gli dèi. Se esisteva una vita laggiù, quanto tempo ancora sarebbe occorso, quanti secoli ancora dovevano passare prima che uomini potessero seguire questo primo pioniere… e in che tipo di astronave?
Ma simili problemi non concernevano ormai più la Discovery e il suo equipaggio. La loro mèta era un mondo ancora più estraneo, quasi due volte più lontano dal Sole… di là da altri ottocento bilioni di chilometri di vuoto attraversato dalle comete.
PARTE IV
L’ABISSO
21. FESTA DI COMPLEANNO
La melodia familiare di Happy Birthday, trasmessa attraverso millecento milioni di chilometri di spazio alla velocità della luce, si spense tra gli schermi illuminati e gli strumenti del ponte di controllo. La famiglia Poole, raggruppata un po’’ timidamente intorno alla torta del compleanno, sulla Terra, scivolò in un silenzio improvviso.
Poi il signor Poole padre disse: «Be’, Frank, non mi viene in mente altro da dire in questo momento, tranne che i nostri pensieri sono con te e che ti auguriamo il più lieto dei compleanni.»
«Abbi cura di te, tesoro», intervenne in lacrime la signora Poole. «Che Dio ti benedica.» Seguì un coro di: «Arrivederci» e lo schermo televisivo si oscurò. Come era strano pensare, si disse Poole, che tutto ciò era accaduto più di un’ora prima; ormai la sua famiglia doveva essersi di nuovo dispersa e i suoi componenti dovevano trovarsi alcuni chilometri lontano da casa. Ma, in un certo qual modo, quel ritardo di tempo, pur potendo essere deludente, era anche una fortuna camuffata. Come ogni uomo della sua epoca, Frank Poole dava per dimostrato di poter parlare all’istante con chiunque sulla Terra, ogni volta che gli fosse piaciuto. Ora che questo non rispondeva più alla verità, le conseguenze psicologiche erano profonde. Si trovava in una nuova dimensione di lontananza e quasi tutti i legami emotivi erano stati tesi fino al punto di rottura.
«Dolente di interrompere i festeggiamenti», disse Hal, «ma abbiamo una difficoltà.»
«Quale?» domandarono contemporaneamente Bowman e Poole.
«Stento a mantenere il collegamento con la Terra. Il difetto risiede nell’elemento AE-35. Il mio Centro previsione guasti riferisce che potrà non essere più in condizione di funzionare entro settantadue ore.»
«Provvederemo noi», rispose Bowman. «Vediamo l’allineamento ottico.»
«Eccolo qui, Dave. È sempre okay, per il momento.»
Sullo schermo indicatore apparve una perfetta mezza luna, molto brillante contro uno sfondo quasi privo di stelle. Era coperta di nubi e non rivelava alcuna caratteristica geografica riconoscibile. Anzi, a prima vista si sarebbe potuto scambiarla facilmente per Venere.
Ma non osservandola bene, poiché là accanto a essa ecco la vera Luna che Venere non possedeva, avente dimensioni pari a un quarto di quelle della Terra, ed esattamente nella stessa fase, era facile immaginare che i due corpi celesti fossero madre e figlio, come molti astronomi avevano ritenuto, prima che l’esame delle rocce lunari avesse dimostrato oltre ogni ombra di dubbio che la Luna non aveva mai fatto parte della Terra.
Poole e Bowman studiarono lo schermo in silenzio per mezzo minuto. Quell’immagine veniva loro dalla telecamera a lunga focale montata alla base del grande riflettore parabolico della radio; il reticolo al centro dimostrava l’esatto orientamento dell’antenna. A meno che il sottile pennello d’onde non fosse puntato esattamente sulla Terra, non potevano né ricevere né trasmettere. I messaggi in entrambe le direzioni avrebbero mancato il bersaglio e si sarebbero perduti, inascoltati e non visti, attraverso il sistema solare e nel vuoto di là da essa. Se anche fossero stati ricevuti, ciò sarebbe accaduto soltanto di lì ad alcuni secoli… e non da uomini.
«Sai dov’è il difetto?» domandò Bowman.
«È intermittente, e non riesco a localizzarlo. Ma sembra trovarsi nell’elemento AE-35.»
«Che cosa proponi di fare?»
«La cosa migliore consisterebbe nel sostituire l’elemento con uno di quelli di ricambio, per poterlo controllare.»
«Okay… vediamo i piani costruttivi.»