Cercò di evitare di pensare a questi problemi a lunga scadenza e di concentrarsi sulle cose immediate ed essenziali. Pian piano, ripulì l’astronave, si accertò che gli impianti di bordo continuassero a funzionare senza inconvenienti, esaminò le difficoltà tecniche con la Terra e si limitò a un minimo di ore di sonno. Soltanto a intervalli, durante le prime settimane, riuscì a riflettere a lungo sul grande mistero verso il quale stava ora correndo inesorabilmente… sebbene esso non fosse mai lontano dai suoi pensieri.
Infine, mentre la nave spaziale si riadagiava una volta di più, lentamente, in una routine automatica, che però richiedeva pur sempre la sua costante sorveglianza, Bowman ebbe il tempo di studiare le informazioni e i rapporti inviatigli dalla Terra. Più e più volte ascoltò le registrazioni eseguite quando il TMA-1 aveva salutato l’alba per la prima volta dopo tre milioni di anni. Osservò le sagome con le tute spaziali muoversi intorno al monolito, e quasi sorrise del loro ridicolo panico allorché esso aveva lanciato il proprio segnale alle stelle, paralizzando le radio con la pura potenza della sua voce elettronica.
A partire da quel momento, la nera lastra era rimasta inerte. L’avevano riseppellita; poi, con cautela, esposta nuovamente al Sole… senza che vi fosse alcuna reazione. Non era stato fatto alcun tentativo di tagliarla, in parte per ragioni di cautela scientifica, ma anche per il timore delle possibili conseguenze.
Il campo magnetico che aveva portato alla scoperta del monolito era svanito nel momento stesso di quell’urlo radiofonico. Forse, stando alle teorie di alcuni esperti, esso era stato generato da un’enorme corrente circolante, che scorreva in un superconduttore e aveva così conservato la propria energia nel corso dei millenni e delle ere, fino al momento in cui si era resa necessaria. Che il monolito contenesse qualche sorgente interna di energia sembrava certo; l’energia da esso assorbita durante la breve esposizione ai raggi solari non poteva spiegare la potenza del segnale.
Una caratteristica del monolito, curiosa, ma forse del tutto priva di importanza, aveva dato luogo a innumerevoli controversie. Il monolito era alto 3,34 metri, largo un metro e mezzo, spesso trentotto centimetri. Quando le sue dimensioni erano state misurate con la massima precisione, si era constatato che avevano l’esatto rapporto di 1:4:9, i quadrati dei primi tre numeri interi. Nessuno era stato in grado di proporre una spiegazione plausibile di tale particolarità, ma difficilmente poteva trattarsi di una coincidenza, perché le proporzioni avevano resistito fino al limite delle più precise misurazioni. Era umiliante pensare che tutta la tecnologia della Terra non riusciva a foggiare nemmeno un blocco inerte, di qualsiasi materiale, con una precisione così fantastica. A suo modo, questo sfoggio passivo eppure arrogante di perfezione geometrica era impressionante quanto tutti gli altri attributi del TMA-1.
Bowman ascoltò inoltre, con un interessamento stranamente distaccato, le tardive scuse del Controllo Missione per il proprio piano. Le voci provenienti dalla Terra sembravano avere un’intonazione difensiva; poteva immaginare le recriminazioni che dovevano infuriare in quel momento tra coloro che avevano progettato la spedizione.
Essi disponevano di alcuni validi argomenti, naturalmente, compresi i risultati di uno studio segreto del Dipartimento della Difesa, il Progetto BARSOOM, eseguito dalla Harvard School of Psychology nel 1989. Nel corso di questo esperimento di sociologia controllata, a vari campioni statistici della popolazione era stato assicurato che il genere umano aveva stabilito contatti con esseri extraterrestri. Molti dei soggetti sottoposti all’esperimento, con l’ausilio di farmaci, dell’ipnosi e di effetti visivi, avevano l’impressione di essersi effettivamente incontrati con creature provenienti da altri pianeti, per cui le loro reazioni potevano essere considerate autentiche.
Alcune di queste reazioni erano state violentissime; esisteva, a quanto sembrava, un substrato profondo di xenofobia in numerosi esseri umani sotto ogni altro aspetto normali. Tenuto conto dei precedenti dell’umanità in fatto di linciaggi, pogrom e analoghe piacevolezze, la cosa non avrebbe dovuto stupire nessuno; ciò nonostante, gli ideatori dello studio erano rimasti profondamente turbati, e i risultati non erano stati mai resi pubblici. Le cinque diverse ondate di panico causate nel ventesimo secolo dalle trasmissioni radiofoniche della Guerra dei mondi di H. G. Wells avvaloravano anch’esse le conclusioni dello studio…