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«Sta bene. È uno tosto. Se ci pensassi sopra un minuto, ti renderesti conto che ho fatto un favore a tutti».

«Di minuto te ne concedo mezzo, Jacob». La mia voce era piana e gelida come il ghiaccio. «Hai trenta secondi per riferirmi ogni cosa che vi siete detti, parola per parola, prima che affidi Renesmee a Rosalie e ti stacchi quella testa vuota che ti ritrovi. Questa volta non ci sarà Seth a fermarmi».

«Gesù, Bella! Non eri così melodrammatica, prima. È una cosa da vampiri?».

«Ventisei secondi».

Jacob alzò gli occhi al cielo e si lasciò sprofondare nella poltrona più vicina. Il suo piccolo branco si dispose ai lati, con aria nient’affatto rilassata. Leah mi teneva lo sguardo puntato addosso, i denti appena scoperti.

«Allora: ho bussato da Charlie, questa mattina, e gli ho chiesto di venire a fare una passeggiata. Sul momento è rimasto un po’ interdetto, ma quando gli ho detto che si trattava di te e che eri tornata in città mi ha seguito nel bosco senza esitare. Gli ho detto che non eri più malata, ma anche che non eri... del tutto a posto. Stava già partendo per venire da te, ma gli ho detto che prima volevo fargli vedere una cosa. E mi sono trasformato», concluse con un’alzata di spalle.

Avevo i denti talmente serrati che mi sentivo come se qualcuno mi avesse chiuso la faccia in una morsa. «Voglio le parole esatte, mostro».

«Scusa, hai detto che mi rimanevano solo trenta secondi. Okay, okay». La mia espressione doveva averlo convinto che non ero dell’umore per apprezzare le battute di spirito. «Dunque: mi sono ritrasformato e rivestito e, dopo che lui ha ripreso a respirare, ho detto qualcosa tipo: "Sai, Charlie, il mondo è diverso da quello che credevi. La buona notizia è che non è cambiato niente... a parte che adesso lo sai. La vita continua come sempre. E tu puoi tornare a far finta di non credere a niente di tutto questo".

Ci ha messo un minuto buono per riprendersi. Poi ha voluto sapere cos’avevi veramente, la storia della malattia rara eccetera. Gli ho detto che eri stata davvero malata, ma che adesso stavi bene, solo che per guarire avevi dovuto cambiare qualcosina. Lui mi ha chiesto cosa intendessi per "cambiare qualcosina" e io ho risposto che somigliavi molto più a Esme che a Renée».

Edward sibilò, io rimasi a fissare Jacob inorridita. Ci stavamo lanciando in una direzione pericolosa.

«Dopo un paio di minuti mi ha chiesto, con molta calma, se anche tu fossi diventata un animale. E io ho replicato: "Le piacerebbe!"». Jacob ridacchiava.

Rosalie fece un verso di ripulsa.

«Volevo spiegargli qualcosa in più sui licantropi, ma prima ancora che pronunciassi la parola per intero mi ha bloccato e ha detto che preferiva "non scendere nei dettagli". Poi mi ha chiesto se sapevi a cosa andavi incontro quando hai sposato Edward e io ho detto: "Sicuro, sapeva tutto da anni, da quando è arrivata a Forks". Questo non gli ha fatto molto piacere. L’ho lasciato sfogare e quando si è calmato voleva due cose: primo, vederti, e io gli ho detto che era meglio se mi lasciava il tempo di spiegarti...».

Respirai a fondo. «E secondo?».

Jacob sorrise. «Ti piacerà. La sua richiesta è stata di sapere il meno possibile di tutta la storia. Quindi, se non si tratta di un dettaglio essenziale, tientelo per te».

Per la prima volta da quando Jacob aveva messo piede in casa, mi sentii sollevata. «Ce la posso fare».

«Per il resto, gli piacerebbe far finta che non è successo niente». Il sorriso di Jacob si fece compiaciuto. Forse aveva intuito l’ombra di qualcosa di simile alla gratitudine nei suoi confronti da parte mia.

«E di Renesmee cosa gli hai detto?». Mi sforzavo di mantenere un tono glaciale, di non lasciar trapelare il sollievo che, mio malgrado, cominciavo a provare. Era prematuro. La situazione era ancora troppo confusa. Anche se l’iniziativa di Jacob aveva suscitato in Charlie una reazione più positiva di quanto osassi sperare.

«Ah, sì. Gli ho detto che tu ed Edward avevate ereditato una boccuccia da sfamare». Lanciò un’occhiata a Edward. «È la vostra orfanella. Tipo Bruce Wayne e Dick Grayson», ridacchiò Jacob. «Non vi dispiace che abbia mentito, vero? In fondo fa parte del gioco...». Dato che Edward non aprì bocca, proseguì. «Charlie ormai era oltre lo shock, eppure è riuscito a chiedermi se avevate intenzione di adottarla. Le sue parole esatte sono state: "Come una figlia? Per cui io diventerei una specie di nonno?". Gli ho detto di sì: "Congratulazioni, nonnino", e gli ho strappato persino un sorriso».

Gli occhi ripresero a bruciarmi, ma questa volta non era né paura, né angoscia. Charlie sorrideva all’idea di diventare nonno? Quindi era disposto a vedere Renesmee...

«Ma muta così rapidamente», sussurrai.

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