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«Gli ho spiegato che era più speciale di tutti noi messi assieme», disse dolcemente Jacob. Dopodiché si alzò e venne dritto verso di me, allontanando con un gesto della mano Leah e Seth che stavano per seguirlo. Renesmee fece per allungarsi verso di lui, ma la strinsi più forte a me. «Gli ho detto: "Fidati, è meglio che tu non sappia. Ma se riesci a ignorare gli aspetti bizzarri, ne resterai affascinato. Non c’è essere più meraviglioso al mondo". E poi gli ho detto che se riusciva a farsene una ragione, sareste rimasti in zona per un po’ e avrebbe avuto l’occasione di vederla. Se, invece, fosse stato troppo per lui, sareste andati via. E lui ha risposto che, purché gli venissero risparmiati i dettagli, ce l’avrebbe fatta».

Jacob rimase a fissarmi con un mezzo sorriso, in attesa.

«Non aspettarti un grazie», dissi. «Hai comunque esposto Charlie a un rischio enorme».

«Mi dispiace davvero di averti ferito. Non immaginavo che ci stessi male. Le cose sono diverse fra noi adesso, ma tu sarai sempre la mia migliore amica, e ti vorrò sempre bene, nel modo giusto, però. Finalmente ho trovato un equilibrio. Abbiamo entrambi qualcuno senza cui non possiamo vivere».

E detto questo sfoderò il più jacobico dei suoi sorrisi. «Amici?».

Per quanto mi sforzassi di trattenerlo, lasciai affiorare anch’io un sorriso.

Jacob mi tese la mano: un’offerta.

Feci un respiro profondo e, spostata Renesmee sull’altro braccio, posai la mano sinistra sulla sua e lui non fece una piega al contatto con il freddo della mia pelle. «Se stasera non uccido Charlie, prenderò in considerazione l’eventualità di perdonarti».

«Siccome stasera non ucciderai Charlie, mi sei debitrice. Altroché».

Alzai gli occhi al cielo.

Jacob tese l’altra mano verso Renesmee: una richiesta, questa volta. «Posso?».

«La sto tenendo in braccio per avere le mani occupate e impedirmi di ucciderti. Più tardi, magari».

Sospirò ma non insistette. Saggia decisione.

Alice rientrò come un fulmine, le braccia cariche e l’espressione foriera di violenza.

«Tu, tu e tu», intimò fulminando con lo sguardo, a turno, i licantropi. «Se proprio dovete restare, mettetevi nell’angolo e vedete di rimanerci per un po’. Devo vedere. Bella, ti consiglio di mollargli la piccola. E poi è meglio se tieni le braccia libere».

Jacob fece un ghigno di trionfo.

Era paura allo stato puro quella che mi dilagò nello stomaco quando mi resi conto dell’enormità di ciò che stavo per fare. Stavo puntando tutto sul mio presunto autocontrollo e la cavia era il mio ignaro padre umano. Le parole di Edward tornarono a rimbombarmi nelle orecchie.

Hai pensato al dolore fisico che patirebbe Bella, ammesso e non concesso che riuscisse a resistere? E alla sofferenza nel caso non ci riuscisse?

Non osavo immaginare il livello di dolore, se avessi fallito. Il respiro mi si spezzò in un singhiozzo.

«Prendila», sussurrai e feci scivolare Renesmee fra le braccia di Jacob.

Lui annuì, la fronte aggrottata dalla preoccupazione. Fece un cenno agli altri e si ritirarono tutti nell’angolo più lontano della stanza. Seth e Jake si acquattarono subito a terra, ma Leah scosse la testa e contrasse le labbra.

«Posso andare?», borbottò. Aveva l’aria di essere a disagio nel suo corpo umano, portava la stessa maglietta e gli stessi pantaloncini di cotone sporchi di qualche giorno prima, quando mi aveva fatto quella scenata, e i corti capelli scompigliati in ciuffi disordinati. Le tremavano ancora le mani.

«Certo», rispose Jake.

«Mantieniti a est, così non rischi di incontrare Charlie», aggiunse Alice.

Leah non la guardò. Si chinò per uscire dalla porta posteriore e s’inoltrò con passo pesante fra i cespugli, pronta a trasformarsi.

Edward era di nuovo accanto a me e mi accarezzava il viso. «Ce la puoi fare. Sai di potercela fare. Ti aiuterò. Ti aiuteremo tutti».

Con il panico stampato in faccia a caratteri cubitali, incrociai lo sguardo di Edward. Era forte a sufficienza da fermarmi, se avessi fatto una mossa sbagliata?

«Se non fossi convinto che puoi farcela, ci eclisseremmo oggi stesso. In questo preciso istante. Ma ce la farai. E sarai più felice se Charlie farà ancora parte della tua vita».

Mi sforzai di calmare il respiro.

Alice tese una mano. Nel palmo teneva una scatolina bianca. «Queste ti irriteranno gli occhi: non fanno male, ma annebbiano un po’ la vista. Danno fastidio. Non è il tuo vecchio colore, ma sempre meglio che rosso acceso, ti pare?».

Lanciò la scatola in aria e io l’afferrai al volo.

«Ma quando hai...».

«Prima che partiste per la luna di miele. Ho preso in considerazione vari, possibili scenari futuri».

Annuii e aprii la scatolina. Non avevo mai portato lenti a contatto, ma non doveva essere poi tanto complicato. Afferrai la prima delle due lunette marroni e me la posai sull’occhio dal lato concavo.

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