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Jacob scoppiò in un applauso, ovviamente per assecondare le aspettative di Renesmee. Il legame che lo univa a lei lo induceva a mettere in secondo piano i propri impulsi personali: il suo primo istinto era sempre di dare a Renesmee ciò di cui aveva bisogno. Però i nostri sguardi s’incrociarono e io vidi riflesso nei suoi occhi lo stesso panico che sapevo presente nei miei. Mi obbligai a battere le mani anch’io, cercando di non mostrare a Renesmee la mia paura. Edward applaudiva piano accanto a me. Non avevamo bisogno di dar voce ai nostri pensieri per sapere che si equivalevano.

Edward e Carlisle cominciarono a fare ricerche a tappeto, nella speranza di trovare una risposta, un qualunque dato che consentisse di fare una previsione. In giro c’era poco e niente di verificabile.

In genere Alice e Rosalie aprivano la nostra giornata con una sfilata di moda. Renesmee non indossava mai due volte lo stesso vestito, in parte perché le andavano subito tutti troppo piccoli e in parte perché Alice e Rosalie stavano cercando di creare un album fotografico che sembrava coprire anni invece che settimane. Le scattavano migliaia di foto, per documentare ogni fase della sua infanzia accelerata.

A tre mesi Renesmee poteva passare per una bambina di un anno molto cresciuta, o per una di due un po’ piccola. Non aveva la struttura fisica tipica della prima infanzia, perché era più sottile e aggraziata, con proporzioni simili a quelle di un adulto. I riccioli color del bronzo le arrivavano alla vita; non avrei avuto la forza di tagliarglieli, nemmeno se Alice l’avesse consentito. Articolava alla perfezione ogni parola e parlava con assoluta proprietà di linguaggio, ma si dava raramente la pena di aprir bocca: preferiva mostrare ciò che voleva. Oltre che camminare, sapeva correre e ballare. Ed era persino in grado di leggere.

Una sera le stavo leggendo Tennyson, perché mi pareva che il ritmo e l’andamento della sua poesia avessero un effetto rilassante su di lei. (Dovevo cercare continuamente nuovo materiale: a differenza di qualsiasi altro bambino, Renesmee non amava sentirsi raccontare sempre le stesse storie e non aveva pazienza per i libri illustrati). Allungò una mano per toccarmi la guancia, nella mente un’immagine di noi due, solo che nella sua testa era lei a tenere il libro. Glielo cedetti con un sorriso.

«Musica dolce qui più lene cade», cominciò a leggere senza esitazione, «che non sull’erba petali di rose o, in uno stretto, su silenziose acque, fra rocce, a notte, le rugiade...».

Le tolsi il libro di mano con un gesto automatico.

«Come fai ad addormentarti, se leggi?», chiesi trattenendo a stento il tremito nella voce.

Secondo i calcoli di Carlisle, il ritmo di crescita del suo corpo stava rallentando gradualmente, ma la sua intelligenza, a quanto pareva, continuava la corsa. E se anche il rallentamento fosse proseguito a quel ritmo, nel giro di quattro anni al massimo sarebbe stata adulta.

Quattro anni. E a quindici sarebbe stata una donna anziana.

Soltanto quindici anni di vita.

Eppure scoppiava di salute. Era sveglia, vivace, radiosa e felice. Di fronte al suo evidente benessere, mi era facile godermi il momento e lasciare il domani dov’era, cioè ancora di là da venire.

Edward e Carlisle discutevano le possibili alternative future in uno scambio di sussurri che mi sforzavo di non ascoltare, ma non lo facevano mai in presenza di Jacob, perché dell’unico modo sicuro che conoscessero per arrestare l’invecchiamento Jacob non sarebbe stato entusiasta. Nemmeno io, se era per quello. Troppo pericoloso!, urlava il mio istinto. Jacob e Renesmee avevano troppe cose in comune, erano entrambi esseri ibridi, a metà fra due mondi. E, stando alle storie sui licantropi, il veleno di vampiro era una condanna a morte, più che un passaporto per l’immortalità...

Esaurite le possibilità di ricerca da casa, Edward e Carlisle si stavano preparando a risalire direttamente alla fonte delle antiche leggende. Dovevamo tornare in Brasile e ricominciare da lì. Nei miti degli indios Ticuna si parlava di bambini come Renesmee... Se erano già esistiti altri piccoli semi-immortali come lei, forse era possibile sapere qualcosa di più sul loro arco di vita.

Restava solo da stabilire quando saremmo partiti.

L’incognita ero io. In parte perché volevo rimanere a Forks fino a dopo le feste, per Charlie, ma soprattutto perché ero ben conscia di avere un altro viaggio da compiere, come priorità assoluta. E dovevo compierlo da sola.

Era stato l’unico motivo di attrito fra Edward e me da quando ero diventata una vampira. E il contenzioso riguardava principalmente il "da sola". Ma la realtà era quella e il mio piano era l’unico che avesse un senso. Dovevo presentarmi ai Volturi e non potevo andarci accompagnata.

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