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Anche ora che mi ero liberata dei vecchi incubi, anzi, dei sogni tout court, mi era impossibile dimenticare i Volturi. Né loro mancavano di rinfrescarci la memoria, peraltro.

Fino al giorno in cui arrivò il regalo di Aro, non sapevo che Alice avesse mandato una partecipazione di matrimonio ai capi dei Volturi; Edward e io eravamo lontani, sull’Isola Esme, quando Alice aveva avuto una visione di alcuni soldati Volturi, fra i quali Jane e Alec, i gemelli dalla forza devastante. Caius era deciso a inviare un manipolo di cacciatori per scoprire se ero ancora umana, perché ciò sarebbe stato contrario all’editto (dato che conoscevo il segreto dei vampiri, dovevo diventare una di loro, oppure dovevo essere messa a tacere. Per sempre). Perciò Alice aveva spedito la partecipazione, conscia che avrebbero perso tempo a interpretarne il significato. Prima o poi, però, sarebbero venuti. Poco ma sicuro.

Il regalo di per sé non era un’aperta minaccia. In un certo senso, era spaventoso per la sua stravaganza, ma la parte più minacciosa era nell’ultima frase del biglietto di auguri che Aro aveva vergato di proprio pugno, in inchiostro nero, su un biglietto di cartoncino bianco:

Sono ansioso d’incontrare di persona la nuova signora Cullen.

Il regalo era contenuto in un’antica scatola di legno riccamente intagliata, con intarsi in oro e madreperla, un arcobaleno di pietre preziose. Alice osservò che già la scatola da sola era un tesoro di valore incommensurabile e avrebbe fatto impallidire, al confronto, qualunque gioiello — a eccezione di quello che vi era contenuto.

«Mi ero sempre chiesto che fine avessero fatto i gioielli della corona dopo che Giovanni d’Inghilterra li impegnò, nel tredicesimo secolo», disse Carlisle. «Chissà perché non mi sorprende che i Volturi si siano aggiudicati la propria quota del bottino».

La collana era semplice: un cordone a scaglie d’oro spesso come una fune, una specie di liscio serpente da arrotolarsi stretto intorno al collo. Al centro pendeva un diamante bianco grosso quanto una pallina da golf.

Più della collana, però, a me interessava la velata minaccia che chiudeva il messaggio. I Volturi avevano bisogno di accertarsi che fossi diventata immortale, che i Cullen avessero obbedito agli ordini, e avevano fretta. Non potevamo permettere che si avvicinassero a Forks ed esisteva un unico modo per tutelare la nostra sicurezza.

«Da sola non ci vai», aveva insistito Edward a denti stretti, i pugni serrati.

«Non mi faranno del male», gli avevo detto nel tono più suadente che fossi riuscita a di tirare fuori, sforzandomi di apparire convinta. «Non ne hanno motivo. Sono una vampira ormai. Il caso è chiuso».

«No. Neanche per idea».

«Edward, è l’unico modo per proteggerla».

A quello non aveva saputo cosa ribattere. La mia logica era a prova di bomba.

Anche per quel poco che lo conoscevo, avevo capito che Aro era un collezionista e i pezzi più ambiti erano quelli vivi. La bellezza, il talento e l’unicità dei suoi seguaci immortali lo esaltavano più di qualunque gioiello custodito nei suoi forzieri. Era già abbastanza increscioso che avesse messo gli occhi sulle capacità di Edward e Alice; non intendevo offrirgli altri motivi d’invidia nei confronti della famiglia di Carlisle, Renesmee era bella, dotata e speciale: un pezzo unico. Non potevo permettere che Aro la vedesse, nemmeno attraverso i pensieri di qualcun altro.

E io ero l’unica di cui non poteva ascoltare i pensieri. Ovvio che dovevo andare sola.

Alice non intravedeva alcun problema nel mio viaggio, ma era preoccupata dalla mancanza di chiarezza delle sue visioni. Disse che a volte si facevano indistinte se si riferivano a decisioni esterne potenzialmente conflittuali e non ancora risolte in maniera definitiva. Questa incertezza faceva sì che Edward, già poco convinto, si opponesse con fermezza alla mia iniziativa. Era deciso a venire con me fino a Londra, dove avrei fatto scalo, ma non volevo lasciare Renesmee senza entrambi i genitori. Mi avrebbe accompagnata Carlisle. Saperlo a sole poche ore di distanza da me ci avrebbe fatti sentire un po’ più tranquilli.

Alice continuava a scrutare il futuro, ma ciò che trovava non aveva nulla a che vedere con quello che stava cercando. Un nuovo trend sul mercato azionario; la possibilità di una visita di riconciliazione da parte di Irina (ma era ancora indecisa); una bufera di neve, però non prima di altre sei settimane; una telefonata di Renée (mi stavo esercitando a rendere più roca la mia voce e facevo progressi di giorno in giorno. Per lei ero ancora malata, ma mi stavo riprendendo).

Comprammo i biglietti per l’Italia il giorno dopo che Renesmee ebbe compiuto tre mesi. Dato che avevo intenzione di star via molto poco, non dissi nulla a Charlie. Jacob lo sapeva e la pensava come Edward. Quel giorno, tuttavia, l’oggetto di discussione era il Brasile. Jacob era deciso a venire con noi.

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