«Insiste a dire che deve lasciare in cucina quello che ci ha preparato per cena». Se fosse stato meno nervoso, meno arrabbiato, di sicuro avrebbe alzato gli occhi al cielo. «È una scusa: vuole assicurarsi che non ti abbia ancora uccisa». Pronunciò le ultime parole con voce gelida.
Kaure restava dietro l’angolo, nervosa, tenendo fra le mani un piatto coperto. Mi sarebbe piaciuto conoscere il portoghese, o qualche parola in più di spagnolo, per provare a ringraziare la donna che aveva osato fare arrabbiare un vampiro solo per venire a controllare che stessi bene.
Il suo sguardo vagava fra me ed Edward. La vidi esaminare il mio colorito, l’umidità dei miei occhi. Mormorò qualcosa di incomprensibile e posò il piatto sul bancone.
Edward le ringhiò qualcosa contro; non lo avevo mai sentito parlare in maniera così scortese. Lei si voltò per andarsene e lo svolazzo della sua gonna lunga spinse l’odore della pietanza verso di me. Era forte, sapeva di cipolle e pesce. Ebbi un conato e corsi al lavandino. Le mani di Edward si posarono sulla mia fronte e sentii il suo mormorio rasserenante attraverso il ronzio che avevo nelle orecchie. Per un secondo le sue mani sparirono e la porta del frigo si chiuse sbattendo. Grazie al cielo, l’urto portò via anche la puzza e le sue mani tornarono a rinfrescarmi la fronte umida. Il supplizio finì alla svelta.
Mi sciacquai la bocca al rubinetto, mentre lui mi accarezzava una guancia.
Avvertii l’accenno di un brontolio nella pancia.
Edward mi voltò e mi strinse fra le braccia. Posai la testa sulla sua spalla. Le mani, istintivamente, coprirono il ventre.
Udii un piccolo singulto e alzai gli occhi.
La donna era ancora là, indecisa sulla soglia, con le mani davanti a sé, quasi volesse correrci in aiuto. I suoi occhi erano fissi sulle mie mani, sbarrati e sorpresi. La bocca aperta.
Poi anche Edward fremette e all’istante si girò verso la donna, allontanandomi appena. Mi cinse i fianchi come per trattenermi.
All’improvviso Kaure iniziò a urlare contro di lui a voce alta, rabbiosa, e le sue parole incomprensibili volavano per la stanza come coltelli. Alzò i piccoli pugni al cielo e fece due passi avanti mostrandoglieli. Malgrado fosse inferocita, le si leggeva facilmente il terrore negli occhi.
Anche Edward le si fece incontro, mentre io, spaventata, lo trattenevo per un braccio. Interruppe la tirata della donna, ma il suo tono mi colse di sorpresa, soprattutto dopo che l’aveva trattata con tanta freddezza prima che lei esplodesse. Era basso, implorante. E inoltre parlava con suoni diversi, più gutturali, in una cadenza strascicata. Probabilmente non usava più il portoghese.
Per un istante la donna lo guardò meravigliata e i suoi occhi divennero due fessure prima che abbaiasse una lunga domanda nella stessa lingua sconosciuta.
Vidi l’espressione di Edward farsi triste e seria e la sua testa annuire. Lei arretrò svelta e si fece il segno della croce.
Allungò una mano verso di lei, poi indicò me e la avvicinò alla mia guancia. Lei rispose rabbiosa, gesticolando impaziente, quasi mi stesse avvertendo di qualcosa. Poi Edward rispose con la stessa voce bassa e irrequieta di poco prima.
L’espressione di lei cambiò: ora palesemente dubbiosa, lanciava occhiate continue al mio volto perplesso. Edward tacque e la donna parve rimuginare qualcosa. Il suo sguardo vagò fra noi due, mentre lei, quasi spontaneamente, arretrava.
Con le mani disegnò una specie di cerchio che le spuntava dalla pancia. Trasalii: le sue leggende sui predatori che bevevano sangue includevano anche questo? Possibile che sapesse qualcosa di ciò che mi cresceva dentro?
Avanzò di qualche passo, stavolta senza timore, e pose alcune brevi domande, alle quali Edward rispose nervoso. Fu poi il suo turno di presentare una veloce richiesta. Lei, indecisa, scosse la testa lentamente. Quando Edward riprese la parola, lo fece in tono talmente tormentato che rimasi incredula a guardarlo: nella sua espressione c’era soltanto dolore.
Per tutta risposta Kaure si avvicinò cauta, finché non le fu possibile posare la manina sopra quella con cui proteggevo il ventre. Pronunciò una sola parola.
«
Poi si girò, a spalle curve come se la conversazione l’avesse invecchiata, e uscì dalla stanza.
Non serviva conoscere il portoghese per capire.
Di nuovo Edward s’impietrì, lo sguardo fisso verso la donna, un’espressione afflitta sul volto. Pochi istanti dopo sentii il motore di una barca che prendeva vita scoppiettando per svanire in lontananza.
Edward non si mosse finché non vide che mi dirigevo verso il bagno. Mi afferrò per una spalla.
«Dove vai?». La sua voce era un sussurro doloroso.
«A lavarmi i denti un’altra volta».
«Non badare a ciò che ha detto. Sono soltanto leggende, vecchie bugie inventate per passare il tempo».