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Nonostante sembrasse una questione di ore, e chissà quanto soffrisse, lei riusciva ancora a scherzare. Tipico di Bella. Forse era un tentativo per allentare la tensione, per rendere le cose più semplici a tutti.

Edward passò accanto a Rosalie. La sua espressione era intensa, senza un’ombra di buonumore. Ne fui felice. Il fatto che soffrisse peggio di me un po’ mi aiutava. Le prese la mano, quella che non era impegnata a proteggere il pancione tumefatto.

«Bella, amore, stiamo per farti una richiesta mostruosa», disse ricorrendo agli stessi aggettivi che aveva usato con me. «Ributtante».

Be’, perlomeno parlava chiaro, senza giri di parole.

Lei fece un respiro breve, tremulo. «È tanto brutto?».

Rispose Carlisle. «Pensiamo che l’appetito del feto sia più simile al nostro che al tuo. Può darsi che abbia sete».

Batté le palpebre. «Oh. Oh».

«Le tue condizioni... le vostre condizioni, ecco, peggiorano rapidamente. Non c’è tempo da perdere, non possiamo permetterci il lusso di affannarci alla ricerca di un metodo più invitante. Il modo più veloce per verificare che la nostra teoria...».

«Devo berlo», mormorò Bella. Annuì appena, non aveva energie sufficienti per andare oltre quel leggerissimo movimento del capo. «Posso farcela. E nel frattempo mi alleno per il futuro, no?». Guardò Edward e le sue labbra esangui s’incresparono a formare un debole sorriso che lui non ricambiò.

Rosalie iniziò a battere il piede con impazienza. Quanto era irritante! Mi chiesi come avrebbe reagito se avessi ceduto all’impulso di scaraventarla contro il muro.

«Allora chi è che va a cacciarmi l’orso?», sussurrò Bella.

Carlisle ed Edward si scambiarono un’occhiata fugace. Rosalie rimase impalata.

«Che c’è?», incalzò Bella.

«Perché il test sia efficace, non dobbiamo prendere scorciatoie, Bella», disse Carlisle.

«Se il feto brama il sangue», le spiegò Edward, «non si accontenterà del sangue di un animale».

«Bella, non ti accorgerai nemmeno della differenza. Non pensarci», la incoraggiò Rosalie.

Bella spalancò gli occhi. «Chi?», ansimò e il suo sguardo si posò su di me.

«Non sono venuto qui per immolarmi come donatore, Bells», borbottai. «E poi quella cosa vuole sangue umano, perciò non credo proprio che il mio faccia al caso suo...».

«Abbiamo del sangue a portata di mano», s’intromise Rosalie senza aspettare che avessi finito, come se non esistessi nemmeno. «Per te. Non si può mai sapere. Non preoccuparti di niente. Andrà tutto bene. Me lo sento, Bella. Sono sicura che il bambino starà molto meglio».

Bella si portò la mano alla pancia.

«Bene», sussurrò con tono stridulo. «Io sto morendo di fame, per cui suppongo che anche lui non veda l’ora di mangiare». Cercò di fare un’altra battuta. «Forza. Sarà il mio primo gesto da vampira».

13

Per fortuna non sono debole di stomaco

Carlisle e Rosalie sparirono in un baleno. Erano volati al piano di sopra a discutere: era il caso di scaldarlo oppure no? Puah. Chissà che bel corredo da casa degli orrori possedevano! Un frigo stipato di sangue, d’accordo. E poi che altro? Una stanza per le torture? Una per le bare?

Edward restò accanto a Bella, mano nella mano. Il suo volto era di nuovo il ritratto della morte. Pareva aver smarrito ogni energia, era svanito persino il barlume di speranza che l’aveva rianimato poco prima. Si guardavano negli occhi, senza essere sdolcinati: come impegnati in una conversazione. Mi ricordarono Sam ed Emily.

No, non erano affatto sdolcinati. Il che rendeva la scena ancora più intollerabile.

Fu allora che intuii cosa doveva provare Leah, costretta a vedere di continuo una scena come quella, a sentirla nella testa di Sam.

Certo, ci dispiaceva per lei. Non eravamo mostri, non in quel senso, almeno. Ciò che biasimavamo era il suo modo di gestire la situazione. Se la prendeva con chiunque, come se volesse farci sentire infelici quanto lei.

Non l’avrei più criticata. Com’era possibile tenersi dentro un supplizio come quello? Com’era possibile non provare ad alleggerire quel fardello affibbiandone una parte a qualcun altro?

Come potevo avercela con lei per essersi unita al mio branco, anche se mi aveva tolto la libertà? Io avrei fatto lo stesso. Se ci fosse stata una strada per sfuggire a quel dolore, l’avrei imboccata senza indugi.

Rosalie schizzò di sotto dopo un secondo. Attraversò la stanza al volo come una brusca folata di vento, sollevando l’odore urticante. Quando fu in cucina sentii cigolare l’anta di una credenza.

«Non trasparente, Rosalie», mormorò Edward, alzando gli occhi al cielo.

Bella lo guardò curiosa, ma lui si limitò a scuotere la testa.

Rosalie si dileguò un’altra volta, dopo aver attraversato la stanza in un lampo.

«È stata una tua idea?», sussurrò Bella, con la voce ancora più arrochita per lo sforzo di farsi sentire da me. Dimenticava che il mio udito era più che perfetto. Per fortuna ogni tanto pareva scordarsi che non ero del tutto umano. Mi avvicinai in modo che non dovesse sforzarsi troppo.

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