E poi ritornò a pensare:
«Il problema è che la nostra prima simulazione si basava su un'equazione lineare», disse Yvonne Mirbach. «Ma la realtà non procede in maniera lineare. Abbiamo a che fare con uno sviluppo in parte esponenziale, in parte caotico. Il ghiaccio si rompe, il gas sottostante schizza fuori spinto dalla pressione e trascina con sé frammenti di ghiaccio. Il fondale marino si sfonda, cosicché il momento del collasso si avvicina a folle velocità…»
«Va bene.» Bohrmann sollevò la mano. «Quanto tempo?»
«Qualche settimana, qualche giorno, qualche…» Yvonne esitò. «C'è un fattore d'imponderabilità. Continuiamo a non sapere se effettivamente accadrà. Quasi tutto indica che succederà, ma lo scenario è talmente insolito che non riusciamo quasi ad andare oltre le teorie terroristiche.»
«Lasciamo perdere il nascondiglio diplomatico. Qual è la tua opinione?»
Yvonne lo guardò. «Non ne ho.» Fece una breve pausa. «Se tre formiche legionarie finiscono sotto un grande mammifero, sicuramente moriranno; se lo stesso mammifero finisce in mezzo a qualche migliaio di loro, sarà spolpato vivo. Per quanto riguarda i vermi e i microrganismi, immagino una cosa del genere. Capito?»
«Chiama Johanson», ripeté Suess. «Digli che temiamo un effetto Storegga.»
Bohrmann espirò lentamente.
Poi, senza dire una parola, annuì.
Trondheim, Norvegia
Erano sul bordo della pista d'atterraggio, da dove si poteva vedere il fiordo. La riva di fronte quasi non si scorgeva. L'oceano si stendeva davanti a loro, come una lastra di acciaio opaco sotto un cielo che diventava sempre più grigio.
«Sei uno snob», disse Tina, gettando un'occhiata all'elicottero in attesa.
«Certo che sono uno snob», ribatté Johanson. «Quando si è reclutati con la forza, ci si può permettere anche un certo snobismo, non credi?»
«Non ricominciare.»
«Anche tu sei una snob. Nei prossimi giorni potrai andare in giro con un elegante fuoristrada.»
Tina sorrise. «Allora dammi la chiave.»
Johanson frugò nelle tasche del cappotto, tirò fuori le chiavi della jeep e gliele mise in mano. «Fa' attenzione, mentre sono via.»
«Non aver paura.»
«E non pensarci neppure, a imboscarti lì sopra con Kare.»
«Non c'imboschiamo nelle macchine.»
«V'infratterete ovunque. Comunque hai fatto bene a seguire il mio consiglio e spezzare una lancia in favore del povero Stone. Ora può andare a ripescare la sua stazione.»
«A costo di disilluderti, il tuo consiglio non ha giocato il minimo ruolo. Graziare Stone è stata esclusivamente una decisione di Skaugen.»
«Allora è stato graziato?»
«Se riesce a riportare la situazione sotto controllo, potrebbe sopravvivere all'interno del gruppo.» Guardò l'orologio. «Più o meno in questo momento si sta immergendo col batiscafo. Incrociamo le dita.»
«Come mai non manda un robot?»
«Perché non ha tutte le rotelle a posto.»
«Davvero?»
«Credo voglia dimostrare che una crisi del genere si può risolvere solo alla sua maniera. E che Clifford Stone è insostituibile.»
«E voi glielo permettete?»
«Perché no? È ancora il capo progetto. Inoltre su un punto ha ragione. Se scende di persona, potrà valutare meglio la situazione.»
Johanson immaginò la
«Sì.» Confermò Tina. «È uno stronzo, ma non si può dire che non sia coraggioso.»
«Allora forza.» Johanson prese la borsa da viaggio. «Non fare danni alla mia macchina.»
«Non preoccuparti.»
Andarono insieme verso l'elicottero. Skaugen gli aveva affettivamente messo a disposizione il fiore all'occhiello del gruppo petrolifero, un grande Bell 430, il non plus ultra nel comfort e nella tranquillità di volo.
«Che tipo è questa Karen Weaver?» chiese Tina davanti al portellone.
Johanson le fece l'occhiolino. «È giovane e bellissima.»
«Idiota.»
«Che ne so? Non ne ho idea.»
Tina esitò un attimo, poi lo abbracciò. «Sta' attento, d'accordo?»
Johanson le diede qualche pacca affettuosa sulla schiena. «Va tutto a rotoli… Cosa vuoi che mi succeda?»