Dopo aver trascorso la maggior parte della propria vita a Vancouver Island come studioso della vita marina, Anawak avrebbe potuto affermare di essere vissuto più vicino alla natura che a qualsiasi opera umana. Tuttavia scivolare su quel braccio di mare bianco, senza contorni — sempre più al largo, con a destra la tundra marrone e a sinistra le cime coperte di neve dell'isola Bylot — era una cosa completamente diversa rispetto all'osservare le balene nel Clayoquot Sound. Mentre il clima nel Canada occidentale sembrava fatto apposta per gli uomini, l'Artico era una sorta d'inferno. Certo, era magnifico, straordinario, però bastava a se stesso ed era letale per qualsiasi essere umano che si cullasse nell'illusione di poterlo dominare. I centri abitati sembravano quasi il caparbio tentativo di conquistare qualcosa che non si sarebbe mai potuto neppure raggiungere. Il viaggio in
L'aria fredda pungeva la pelle di Anawak.
Ogni volta che la natura si era avvicinata all'uomo era stata tradita. Da allora, dicono le leggende, gli orsi aggrediscono gli uomini. Quello era il loro regno. Erano i più forti. Tuttavia l'uomo li aveva sconfitti e, con loro, aveva sconfitto se stesso. Benché Anawak avesse voltato le spalle alla sua patria da due decenni, sapeva bene che i prodotti chimici industriali come il DDT o il PCB arrivavano fino al mar Glaciale Artico dall'America del Nord, dall'Europa e dall'Asia, trasportati dai venti e dalle correnti marine. Le sostanze tossiche si accumulavano nei tessuti delle balene, delle foche e dei trichechi, di cui si nutrivano orsi polari e uomini, e tutti si ammalavano. Nel latte materno delle donne inuit erano state rilevate concentrazioni di PCB che superavano anche di venti volte i limiti stabiliti dall'Organizzazione mondiale della sanità. I bambini soffrivano di disturbi neurologici e i loro test d'intelligenza davano risultati sempre peggiori. Le regioni selvagge venivano avvelenate, perché i
C'era da meravigliarsi che negli abissi qualcuno avesse deciso di mettere la parola fine a tutto ciò?
Dopo due ore di viaggio, tornarono a dirigersi verso la costa dell'isola di Baffin. Indolenziti per essere stati seduti così a lungo e per i sobbalzi, per quanto ammortizzati dai pattini, camminarono a fatica sul ghiaccio pressato verso la tundra libera dalla neve, di fianco a macigni ricoperti di licheni. In mezzo alle pianure acquitrinose, ricoperte di muschio, splendevano fiori isolati, sassifraghe purpuree e potentille. Era la stagione migliore. Più tardi, in estate, lì ci sarebbero stati miliardi di moscerini.
Il terreno saliva dolcemente. Uno degli autisti degli