Nel tardo pomeriggio, mandarono i primi impulsi negli abissi. Scelsero un campo di frequenza, stabilito da Shankar, nello spettro dei rumori non identificati che gli uomini del SOSUS avevano battezzato
Il modem modulò le frequenze. Il segnale rimbalzò in diversi punti e si produssero le attese interferenze. Samantha e Shankar erano nel CIC e modularono a loro volta le frequenze sinché non furono soddisfatti. Dopo un'ora, Samantha era sicura che il messaggio fosse perfettamente comprensibile per chiunque sapesse elaborare le onde sonore. Ma la possibilità che gli yrr ne comprendessero il senso… Be', quella era tutta un'altra storia.
Quanto a ritenere che fosse necessario rispondere, poi…
Nella penombra del CIC, Samantha era seduta sul bordo della sedia e provava una strana euforia al pensiero di quanto fosse vicina al contatto cui aveva aspirato per decenni. Nel contempo nutriva forti timori. Sentiva pesare su di sé e sui membri della spedizione una responsabilità schiacciante. Quella non era un'avventura come Arecibo e il SETI. Era il tentativo di fermare una catastrofe e salvare l'umanità.
Il sogno accademico era diventato un incubo.
Amici
Anawak salì le scale dall'interno della nave verso l'isola, attraversò gli stretti corridoi e uscì sul ponte di volo.
Nel corso del viaggio, il ponte si era trasformato in una sorta di zona di passeggio. Chi riusciva a trovare il tempo per sgranchirsi le gambe, bighellonava da quelle parti, rimuginando o parlando con gli altri. Così, paradossalmente, proprio la pista di atterraggio e decollo della più grande portaerei del mondo si era trasformata in un luogo tranquillo per riflettere e scambiarsi idee. I sei Super Stallion e i due elicotteri da combattimento Super Cobra apparivano come sperduti in quell'immensità asfaltata.
Anche a bordo dell'
Anawak trovò Greywolf a prua, seduto a gambe incrociate e con lo sguardo rivolto verso il mare. Gli si sedette vicino e vide che stava intagliando qualcosa. «Che cos'è?» chiese.
Greywolf glielo passò. Era un pezzo di legno di cedro di notevoli dimensioni, con una sorta d'impugnatura a un'estremità. Nella zona centrale c'erano alcune figure intrecciate: un uccello e un uomo in balia di due animali dotati di fauci enormi. Era quasi finito.
«Bello», disse Anawak, accarezzando la scultura.
«È una copia.» Greywolf sogghignò. «Faccio solo copie. Per gli originali non ho il sangue.»
«Il sangue puro degli indiani.» Anawak sorrise. «Ho già capito.»
«Come al solito non capisci.»
«Va bene. Cosa rappresenta?»
«Quello che vedi.»
«Non essere così maledettamente altezzoso. Spiegamelo oppure lascia perdere.»
«È una mazza da cerimonia dei tla-o-qui-aht. L'originale è in una collezione privata: è fatto di osso di balena e risale alla fine dell'Ottocento. Come vedi, è una storia dell'epoca degli antenati. Un giorno, un uomo trovò una gabbia misteriosa che rinchiudeva tutte le creature possibili e la portò nel suo villaggio. Poco dopo, gli venne una febbre altissima, da cui nessuno riusciva a guarirlo. Non si sapeva cosa avesse fatto ammalare l'uomo, ma lo scoprì lui stesso in sogno: vide che la colpa era delle creature nella gabbia. Nel sogno, esse lo afferravano, perché non erano semplici animali, ma esseri metamorfici.» Greywolf indicò una delle figure intagliate, che era per metà un mammifero terrestre e per metà un cetaceo. «Qui vedi un lupo-orca. Nel sogno, il lupo-orca attaccò l'uomo e lo prese per la testa. Poi arrivò un uccello del tuono e cercò di salvare l'uomo. Osserva come affonda le unghie nei fianchi del lupo-orca… Però, mentre combattevano, comparve un orso-orca, che riuscì ad afferrare i piedi del malato. L'uomo si svegliò e, dopo aver raccontato il sogno al figlio, morì. Il figlio allora intagliò una mazza come questa e con essa uccise seimila esseri metamorfici per vendicare la morte del padre.»
«E qual è il significato profondo?»
«Tutto deve avere un senso profondo?»
«In questo caso ce deve essere uno. È la lotta eterna tra le forze del bene e del male, vero?»
«No.» Greywolf si scostò i capelli dalla fronte. «La storia racconta della vita e della morte. Tutto lì. Alla fine muori, questo è certo, e fino ad allora è tutto alti e bassi. Tu stesso sei impotente. Puoi vivere bene o male la tua vita, ma quello che ti succede è determinato da forze superiori. Se vivi in armonia con la natura, essa ti salverà, se ti metti contro di essa, ti distruggerà. Ma la cosa più importante è che non sei tu a dominare la natura, bensì lei a dominare te.»