Читаем Il quinto giorno полностью

Per un po' rimasero in silenzio. Anawak riusciva a individuare sempre maggiori dettagli nelle nuvole. Dettagli di un mondo che si trovava a molti, molti chilometri di distanza. Infinitamente più lontano del mondo degli yrr.

«Credo proprio di sì», ammise Greywolf.

Anawak sorrise. «Sai, ho sempre avuto un buon rapporto con la gente, ma non ricordo di aver mai avuto degli amici. Dei veri amici. E non avrei mai neppure pensato di chiamare 'amica' una piccola, irritante, saccente dottoranda. O un pazzo alto come un albero con cui ho quasi fatto a botte.»

«La piccola dottoranda ha fatto quello che fanno gli amici.»

«Sarebbe?»

«Si è interessata della tua stupida vita.»

«Sì, lo ha fatto.»

«E noi due siamo sempre stati amici. Probabilmente…» Greywolf esitò, poi sollevò la scultura e sorrise. «… le nostre teste sono state chiuse per un po'.»

«Tu che ne pensi? Perché si sognano cose del genere?»

«Parli del sogno dell'iceberg?»

«Ci ho riflettuto a lungo e tu sai bene che non ho la minima simpatia per l'esoterismo. Odio tutte quelle stronzate. Ma nel Nunavut c'era qualcosa che non riuscivo a spiegare. Dentro di me è successo qualcosa. Forse proprio quand'ero là fuori, sui ghiacci, quando ho fatto il sogno.»

«E tu, che ne pensi?»

«Questa forza sconosciuta, questa minaccia che vive nelle nostre acque, negli abissi… Forse la incontrerò là. Forse il mio compito è andare laggiù e…»

«Salvare il mondo?»

«Ah, scordatelo.»

«Vuoi sapere che cosa credo, Leon?»

Anawak annuì.

«Penso che tu stia sbagliando. Ti sei nascosto per anni e ti sei portato appresso il tuo stupido trauma eschimese. Hai rotto i coglioni agli altri e a te stesso. Non hai capito niente della vita. L'iceberg su cui ti sei trovato sei tu, un cafone gelido e inavvicinabile. Però hai ragione: là è successo qualcosa e il cafone ha iniziato a sciogliersi. Quell'oceano in cui sprofonderai non è il mare in cui vivono gli yrr. È la vita degli uomini. Quella cui appartieni. Questa è l'avventura che ti aspetta. Amicizia, amore… E anche i nemici, l'odio e la rabbia. Il tuo ruolo non consiste nel recitare la parte dell'eroe. Non devi dimostrare a nessuno di essere coraggioso. I ruoli degli eroi in questa storia sono già stati assegnati. Ai morti. Tu appartieni al mondo dei vivi.»


Notte

Ognuno dormiva in modo diverso.

Samantha, piccola e minuta, si era avvolta nelle lenzuola, come se volesse scomparirvi dentro. La sua capigliatura grigio ghiaccio usciva solo per metà. Karen dormiva sulla pancia, nuda e senza coperte, con la testa piegata di lato. Le ciocche castane si attorcigliavano in tutte le direzioni, cosicché si vedeva solo la bocca semiaperta. Shankar, invece, rientrava in quella categoria di persone il cui letto, quando si alzano al mattino, appare come se avesse sopportato gli incubi di molte notti. Si agitava costantemente nel sonno, ribaltando quasi completamente lenzuola, coperte e guanciali; ogni tanto russava ed emetteva mormorii soffocati.

Rubin passava la maggior parte del tempo sveglio.

Anche Greywolf e Alicia dormivano poco perché facevano l'amore in continuazione, prevalentemente sul pavimento della cabina. Spesso Greywolf — con la pelle color rame e possente come un animale mitologico — stava disteso sulla schiena e sosteneva il corpo bianco come il latte della donna. Due cabine più in là, Anawak dormiva su un fianco, con indosso solo una T-shirt. Anche Sue aveva un modo piuttosto convenzionale di dormire. Entrambi erano tranquilli e, nel corso della notte, si giravano un paio di volte, ma niente di più.

Johanson era sdraiato sulla schiena, con le braccia distese, i palmi delle mani rivolti all'esterno. Solo i letti nell'area degli ammiragli e negli alloggi degli ufficiali avevano spazio sufficiente per permettere di dormire nelle più svariate posizioni. E la posizione nel sonno di Johanson era così egoistica che una volta, anni prima, una sua amante l'aveva svegliato nel cuore della notte per dirgli che dormiva «come un latifondista». Lui aveva raccontato quell'aneddoto allo Château, facendo ridere tutti. In effetti, ogni notte dormiva così, un uomo che, anche con gli occhi chiusi, sembrava voler abbracciare la vita.

Tutti — quelli che dormivano e quelli rimasti svegli — risplendevano su una serie di monitor, ognuno dei quali mostrava per intero una cabina. Due uomini in uniforme stavano seduti nella semioscurità e osservavano gli scienziati. Dietro di loro, c'erano Judith Li e il vicedirettore della CIA.

«Che angioletti», disse Vanderbilt.

Impassibile, Judith Li guardava Alicia che stava arrivando all'orgasmo. Benché il volume fosse basso, qualche nota dell'atto d'amore si diffuse nella fredda atmosfera del centro di controllo. «Sono contenta che le piaccia, Jack.»

«Quel piccolo ammasso di muscoli non sarebbe di mio gusto», sbottò Vanderbilt, indicando Karen. «Particolarmente stronza, non trova?»

«È innamorato?»

Vanderbilt sorrise. «Dovrei pregare non poco.»

«Metta in azione il suo fascino», disse Judith Li. «Ne ha pur sempre un buon quintale.»

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