«Certo.» Johanson allargò le braccia. «Cosa stai aspettando?»
Anawak esitò e si morse le labbra. «E se non torno entro cinque minuti, vattene senza di me, capito?»
«Aspetterò.»
«No. Tu aspetti cinque minuti. Al massimo.»
Si abbracciarono. Anawak corse lungo il molo. La zona in cui iniziava il tunnel che conduceva al settore del laboratorio era tutta allagata, ma l'
L'acqua gli lambì le caviglie. Avanzò, a un certo punto fu costretto a nuotare, sentì di nuovo il pavimento sotto i piedi, infine nuotò ancora per qualche metro. Subito dopo, procedere divenne più difficile. Nei pressi della rampa dell'hangar, il soffitto era inclinato verso la superficie dell'acqua, ma rimanevano alcuni metri liberi per respirare. Anawak nuotò davanti alla porta chiusa del laboratorio fino al gomito della rampa e sbirciò oltre. Mentre alcune parti della rampa erano diventate piane, altre erano molto ripide. E il tratto fino al ponte dell'hangar era ripidissimo. In alto era sospesa una cappa di fumo. Doveva procedere carponi. Nonostante la tuta di neoprene aveva freddo. Anche se fossero riusciti ad andarsene col batiscafo, la loro sopravvivenza non era affatto certa.
E invece sì. Doveva sopravvivere! Doveva rivedere Karen Weaver.
Si mise a salire con decisione.
Fu più facile di quanto avesse creduto. L'acciaio della rampa era scanalato per offrire una presa ai veicoli e ai marinai. Le dita di Anawak si aggrapparono ai solchi. Più saliva, più la temperatura aumentava. In compenso nei suoi polmoni arrivò del fumo denso, che gli tolse il poco fiato rimasto. Le nuvole di fumo diventavano sempre più spesse. Dal ponte di volo arrivava ancora quel tremendo rimbombo.
Quando aveva sentito il grido di Samantha stava già bruciando tutto. Se era sopravvissuta all'esplosione e all'incendio, forse era ancora via.
Ansimando, si trascinò per gli ultimi metri e, con sua grande sorpresa, si rese conto che la visuale nell'hangar era migliore che sulla rampa. Nel tunnel il fumo si accumulava; lì i passaggi degli elevatori esterni permettevano la circolazione dell'aria. Facevano entrare il fumo, ma nel contempo lo disperdevano. L'aria era calda e soffocante come in un forno. Anawak si premette la manica davanti alla bocca e al naso e corse sui ponte dell'hangar.
«Sam!» gridò.
Nessuna risposta. Cosa si era aspettato? Che sarebbe corsa verso di lui a braccia spalancate?
«Sam! Samantha!»
Doveva essere impazzito.
Però meglio essere pazzo che morto, anche se apparentemente vivo. Greywolf aveva ragione. Lui aveva vissuto come uno zombie. La pazzia che sentiva in quel momento gli dava molto di più di una vita illusoria.
«Sam!»
Ponte a pozzo
Johanson era solo.
Era praticamente certo che Floyd Anderson gli avesse rotto un paio di costole. Almeno così si sentiva. Ogni movimento gli procurava un dolore infernale. Quando avevano portato via Rubin e l'avevano caricato sul batiscafo, più volte avrebbe voluto urlare per il dolore, però aveva stretto i denti per non creare ulteriori problemi.
Ma le forze lo stavano abbandonando.
Pensò al Bordeaux nella sua cabina. Che guaio! Ne avrebbe gustato volentieri un bicchiere. Sì, non avrebbe sanato le costole, tuttavia avrebbe dato a quella incresciosa situazione una nota sopportabile. Anche a costo di brindare con se stesso, dal momento che tutti i buongustai erano morti, tranne lui. Soprattutto tenuto conto del fatto che, tra gli individui fantastici o ripugnanti conosciuti nelle ultime settimane, non ce n'era neppure uno che condividesse il suo spiccato senso estetico.
Probabilmente lui era un dinosauro.
Gli piaceva.
Bohrmann…
Il tedesco avrebbe saputo apprezzare un buon Bordeaux. Lui e nessun altro. Sue si era divertita, ma avrebbe potuto anche offrirle un vino preso al supermercato. Del team dello Château Disaster, chi era sufficientemente raffinato da saper apprezzare un Pomerol, il suo bouquet ricco di sfumature? Nessuno, tranne forse…
Judith Li.
Cercò per l'ennesima volta d'ignorare il dolore, saltò sul Deepflight, gemette e restò in posizione eretta con le ginocchia tremanti. Aprì il coperchio del meccanismo di chiusura e liberò gli sportelli, che lentamente si sollevarono. Le due cabine tubolari erano aperte davanti a lui.
«Tutti a bordo», gridò.
Strano… Stava in equilibrio su un batiscafo in un ponte a pozzo inclinato. In quali situazioni ti cacciava la vita. Ripensò a Judith Li.