Rajasinghe lo aveva accontentato, ma con una punta di risentimento. La sua vita pacifica non richiedeva più alcuna segretezza. L'ultima cosa che desiderava era proprio un mistero importante che venisse a sconvolgere la sua esistenza così ordinata. Con la Sicurezza l'aveva fatta finita per sempre; dieci anni prima (o ancora di più?), dietro sua richiesta, le sue guardie personali erano state allontanate. Ma la cosa che lo sconvolgeva di più non era quell'aria di mistero; era la sua assoluta sorpresa. L'ingegnere capo (Divisione Terra) della Terran Construction Corporation non avrebbe percorso migliaia di chilometri solo per chiedergli l'autografo, o per fare le solite osservazioni insignificanti dei turisti. Doveva essere giunto lì con uno scopo preciso; e per quanto si sforzasse, Rajasinghe non riusciva a immaginarlo.
Anche nel periodo di servizio attivo Rajasinghe non aveva mai avuto occasione di entrare in contatto con la TCC. Le tre divisioni di cui era composta, Terra, Mare e Spazio, per quanto enormi, passavano quasi inosservate nel fiume di notizie che scorrevano attraverso la Federazione Mondiale. La TCC emergeva dall'ombra solo quando si verificava un fallimento tecnico di grandi proporzioni, o quando andava a cozzare contro qualche gruppo per la difesa dell'ambiente o del patrimonio storico. L'ultimo di questi scontri si era verificato a causa del Carbondotto Antartico, un miracolo della tecnologia del ventunesimo secolo, costruito per trasportare il carbone fluidificato dai grandi depositi polari alle centrali elettriche e alle fabbriche del mondo intero. Presa da un raptus di euforia ecologica, la TCC aveva proposto di demolire l'ultima parte del carbondotto, l'unica rimasta, e di restituire quel territorio ai pinguini. Subito si erano levate le grida di protesta degli archeologi industriali, oltraggiati da tanto vandalismo, e dei naturalisti, i quali fecero notare che i pinguini "adoravano" il carbondotto abbandonato. Lì dentro vivevano splendidamente, come mai in passato, tanto che si era verificato un'esplosione demografica di pinguini che nemmeno le balene assassine riuscivano a contenere. La TCC si era arresa senza opporre resistenza.
Rajasinghe non sapeva se Morgan avesse avuto una parte in quella piccola débàcle. Comunque la cosa importava ben poco, visto che adesso il suo nome era legato al trionfo più recente della TCC…
Lo avevano battezzato il Ponte dei Ponti, e forse non a torto. Rajasinghe, come metà della popolazione mondiale, aveva ammirato lo spettacolo dell'ultimo tratto di ponte che veniva dolcemente sollevato in cielo dal "Graf Zeppelin", un'altra meraviglia del secolo. I lussuosi arredi dell'aeronave erano stati tolti per alleggerirla; la famosa piscina era stata svuotata e i reattori pompavano il calore in eccesso nei palloni, aumentando la spinta ascensionale. Era la prima volta che un peso di oltre mille tonnellate veniva sollevato a tre chilometri d'altezza, e tutto (fra la rabbia di milioni di spettatori, senza dubbio) era andato alla perfezione.
Nessuna nave avrebbe mai più oltrepassato le Colonne d'Ercole senza rendere omaggio al ponte più colossale che l'uomo avesse mai costruito; o che, con ogni probabilità, avrebbe mai costruito. I due pilastri al punto d'incontro fra il Mediterraneo e l'Atlantico erano le strutture più alte del pianeta, e stavano l'una di fronte all'altra, separate da quindici chilometri di spazio vuoto su cui si tendeva l'incredibile, delicato arco del Ponte di Gibilterra. Era un onore conoscere l'uomo che lo aveva concepito, anche se arrivava con un'ora di ritardo.
— Le mie scuse, ambasciatore — disse Morgan, scendendo dal triciclo. — Spero che il ritardo non vi abbia recato disturbo.
— Niente affatto. Il mio tempo è solo mio. Spero che abbiate già mangiato.
— Sì. Hanno annullato la coincidenza per Roma, però mi hanno offerto un ottimo pranzo.
— Sarà stato senz'altro meglio di quello che potrebbero servirvi all'hotel Yakkagala. Vi ho prenotato una camera per stanotte. È solo a un chilometro da qui. Temo che dovremo rimandare la nostra discussione a domattina.
Morgan sembrava deluso, ma si strinse nelle spalle con aria di rassegnazione. — Ho un sacco di lavoro per tenermi occupato. Presumo che l'hotel sia attrezzato a dovere, per lo meno che ci sia un terminale standard.
Rajasinghe rise. — Non posso garantirvi niente di più sofisticato d'un telefono. Però ho un'idea migliore. Tra mezz'ora devo accompagnare alcuni amici alla Montagna. C'è uno spettacolo "son-et-lumière" che vi raccomando caldamente, e sarò ben lieto se vorrete unirvi a noi.
Era chiaro che Morgan esitava, che stava cercando una scusa che non lo offendesse.
— Siete molto gentile, ma ho assoluto bisogno di mettermi in contatto col mio ufficio…