Glielo diedi. La rotonda era piuttosto affollata, ma niente voci eccitate, niente che lasciasse sospettare che a pochi metri da lì qualcuno aveva appena tentato di assassinare il primo cittadino della nazione. I chioschi disseminati lungo la rotonda facevano affari, soprattutto quelli delle scommesse clandestine. Sulla nostra sinistra, una giovane donna vendeva biglietti della lotteria; o per meglio dire, era disponibile a venderli, perché non aveva clienti e in quel momento stava guardando sul suo terminale una telenovela.
Georges girò sui tacchi, si fermò davanti al chiosco. Senza alzare gli occhi, la donna disse: — Tra un attimo c’è l’intervallo pubblicitario. Arrivo subito. Prendete quello che volete. Fate come se foste a casa vostra.
Tutt’attorno al chiosco erano appesi festoni di biglietti della lotteria. Georges cominciò a studiarli, così finsi anch’io un profondo interesse. La tirammo in lungo. Poi iniziò la pubblicità, la donna abbassò il volume e ci guardò.
— Grazie per la vostra comprensione — disse, con un bel sorriso. — Non mi perdo mai
Ammisi che ne avevo il tempo di rado. Problemi di lavoro.
— Male. È molto educativa. Prendi Tim, quello che vive con me. Guarda solo lo sport. Non gliene frega niente delle cose più profonde della vita. Prendi questa crisi nella vita di Mindy Lou. Zio Ben la sta perseguitando perché lei non vuole dirgli chi è stato. Credi che a Tim gliene freghi? Nossignore, a Tim no! Quello che Tim e zio Ben non capiscono è che lei
Dovrei prepararmi una risposta per questa domanda. Gli umani lo fanno sempre. Ma quando non sei «nata» sotto nessun segno, tendi a sfuggire cose del genere. Scelsi una data a caso e gliela lanciai. — Sono nata il ventitré aprile. — È la data di nascita di Shakespeare; mi era venuta in mente da sola.
— Oh! Ho il biglietto che fa per te! — Frugò in mezzo a una fila di festoni, trovò un biglietto, mi mostrò un numero. — Vedi
Le offrii un dollaro del Canada Britannico. Lei rispose: — Non ho il resto.
— Tieni il resto con i miei auguri.
Lei mi passò il biglietto, prese il dollaro. — Sei un amore, tesoro. Quando avrai ritirato la vincita, fai un salto qui e brindiamo assieme. Mister, hai trovato qualcosa che ti va?
— Non ancora. Io sono nato il nono giorno del nono mese del nono anno del nono decennio. Ce la fai?
— Wow wow! Che combinazione incredibile! Posso provarci… E se non ci riesco, non ti venderò niente. — Cominciò a scavare tra i mazzi e le pile di carta, canticchiando fra sé. Poi infilò la testa sotto il banco e ci restò un po’.
Quando riapparve, rossa in viso e trionfante, stringeva in mano un biglietto. — Ce l’ho! Guardalo, mister! Dagli un’occhiata rispettosa.
Guardammo: 8109999.
— Sono colpito — disse Georges.
— Colpito? Sei
— Quanto ti devo?
— È un numero molto speciale. Tutti gli altri numeri esposti puoi averli per venti orsi, ma questo qui… Perché non continui a mettermi davanti dei soldi finché non sorrido?
— Mi sembra giusto. Se poi non sorridi quando secondo me dovresti sorridere, mi riprenderò i soldi e me ne andrò. No?
— Potrei richiamarti.
— No. Se non mi dai un prezzo fisso, non ti permetterò di mercanteggiare dopo che ti avrò fatto un’offerta equa.
— Sei un cliente difficile, amico. Ho…
Attorno a noi, su ogni lato, gli altoparlanti cominciarono di colpo a urlare: — Ave al Capo! — seguito da: — L’Orso d’Oro per sempre. — La donna dei biglietti strillò: —
Quando fu di nuovo possibile udire, la donna del chiosco disse: — Per fortuna è durato poco. È uscito di qui meno di quindici minuti fa. Se doveva solo arrivare all’angolo per un pacchetto di spinelli, perché non ha mandato qualcuno invece di andare lui? È pessimo per gli affari, tutto quel casino. Be’, amico, hai deciso quanto vuoi pagare per diventare ricco?
— Ma sì. — Georges tirò fuori un biglietto da tre dollari, lo mise sul banco. Guardò la donna.