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Carlisle posò una mano sulla spalla di Edward. «Abbiamo molto da fare, figliolo. Qualunque cosa Alice abbia deciso, saremmo pazzi a non darle retta. Torniamo a casa e mettiamoci al lavoro».

Edward annuì, il viso ancora irrigidito dal dolore. Alle mie spalle udivo i singhiozzi sommessi di Esme.

Non ero capace di piangere, nel mio nuovo corpo; non potevo far altro che restarmene lì, con lo sguardo fisso. Non c’erano ancora sensazioni. Mi sembrava tutto irreale, come se dopo mesi avessi ricominciato a sognare. Ad avere degli incubi.

«Grazie, Sam», disse Carlisle.

«Mi dispiace», gli rispose. «Non avremmo dovuto lasciarla passare».

«Hai fatto la cosa giusta», disse Carlisle. «Alice è libera di fare ciò che vuole. Non le negherei mai questa libertà».

Avevo sempre pensato ai Cullen come a un tutt’uno, un’entità unica e indivisibile. A un tratto ricordai che non era sempre stato così. Carlisle aveva creato Edward, Esme, Rosalie ed Emmett; Edward aveva creato me. Eravamo fisicamente uniti da un legame di sangue e veleno. Non avevo mai pensato ad Alice e Jasper come a qualcosa di separato, il risultato di un’adozione, ma, in effetti, era stata Alice ad adottare i Cullen. Si era presentata con il suo passato senza legami, insieme a Jasper, e si era ritagliata un posto in una famiglia già costituita. Sia lei che Jasper avevano conosciuto una vita al di fuori dei Cullen. Aveva davvero scelto una nuova vita perché aveva visto che quella con la sua vecchia famiglia si era conclusa?

Dunque, eravamo tutti condannati, giusto? Non c’era alcuna speranza. Nemmeno un piccolo raggio, un barlume per cui Alice credesse di avere una chance con noi.

L’aria luminosa del mattino sembrò di colpo più densa, più nera, come se la mia disperazione l’avesse colorata.

«Io non mi arrenderò senza combattere», ringhiò Emmett sottovoce, a denti stretti. «Alice ci ha detto cosa fare. Facciamolo».

Gli altri annuirono con determinazione e mi resi conto che contavano sull’opportunità che Alice ci aveva offerto, qualunque fosse. Non avevano intenzione di abbandonare la speranza e attendere passivamente la morte.

Sì, avremmo lottato. Che altro potevamo fare? E a quanto pareva avremmo coinvolto anche altri, perché così aveva detto Alice prima di lasciarci. Come ignorare il suo ultimo avvertimento? Anche i lupi avrebbero combattuto al nostro fianco per Renesmee.

Noi avremmo combattuto, loro avrebbero combattuto e saremmo morti tutti.

Non sentivo dentro la stessa determinazione che intuivo negli altri. Alice conosceva le probabilità. Ci stava dando l’unica chance che riusciva a vedere, ma era troppo debole perché lei stessa si sentisse di scommetterci.

Mentre voltavo le spalle a Sam, che ci guardava con aria critica, e seguivo Carlisle verso casa, mi sentivo già sconfitta.

Correvamo in modo automatico ora, non più con il furore e il panico dell’andata. Quando fummo vicini al fiume, Esme sollevò la testa.

«C’era quell’altra traccia. Fresca».

Con un cenno della testa indicò il punto, davanti a sé, su cui aveva richiamato l’attenzione di Edward all’andata. Mentre correvamo a salvare Alice...

«Doveva essere dello stesso giorno, ma precedente a quella che seguivamo. Lei da sola, senza Jasper».

Esme si accigliò e annuì.

Restai un po’ indietro, allargandomi sulla destra. Ero certa che Edward avesse ragione ma allo stesso tempo... In fin dei conti, come c’era finita la pagina di un mio libro in mano ad Alice?

«Bella?», chiese Edward con voce piatta nel vedermi indugiare.

«Voglio seguire la traccia», risposi, annusando il lieve sentore di Alice che si allontanava dalla scia principale. Non ero molto pratica ma per me l’odore era lo stesso, senza quello di Jasper.

Gli occhi d’oro di Edward erano privi di espressione. «Forse riporta semplicemente a casa».

«Allora ci vediamo lì».

Sulle prime pensai che mi lasciasse andare da sola, ma appena mi fui allontanata di qualche passo il suo sguardo spento si riaccese.

«Vengo con te», disse a bassa voce. «Ci vediamo dopo a casa, Carlisle».

Carlisle annuì e se ne andò con gli altri. Appena furono scomparsi alla vista, rivolsi a Edward uno sguardo interrogativo.

«Non potevo lasciarti andar via», disse a voce bassa. «Mi fa male solo a pensarci».

Capii senza bisogno di ulteriori spiegazioni. Immaginai di essere separata da lui, anche solo per un tempo brevissimo, e mi resi conto che avrei provato lo stesso dolore.

Ci restava così poco tempo insieme.

Gli tesi la mano e lui l’afferrò.

«Sbrighiamoci», disse. «Renesmee si sarà svegliata».

Annuii e riprendemmo a correre.

Probabilmente era un’idiozia sprecare del tempo prezioso, che avremmo potuto trascorrere accanto a Renesmee, soltanto per soddisfare una curiosità. Il biglietto di Alice, però, mi dava da pensare. Avrebbe potuto scrivere il messaggio su un masso o sul tronco di un albero, se non aveva carta e penna a disposizione. Avrebbe potuto rubare un blocchetto di post-it da una qualunque delle case lungo la strada. Perché proprio un mio libro? Quando l’aveva strappata, quella pagina?

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