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«La situazione mi sta scappando di mano», dissi quando finalmente mi sentii sazia.

«Ti va di nuotare con i delfini questo pomeriggio... per bruciare calorie?», mi domandò.

«Magari dopo. Avevo un’altra idea per bruciare calorie».

«Sarebbe?».

«Be’, è rimasto un bel pezzo di testiera...».

Ma non completai la frase. Mi aveva già presa fra le braccia e le sue labbra misero a tacere le mie, mentre mi portava a velocità disumana nella stanza blu.

7

Inaspettato

La fila di sagome nere avanzava verso di me in una coltre di nebbia. Vedevo i loro occhi scuri color rubino scintillare di desiderio, bramosi di uccidere. Le labbra tese mostravano i denti affilati e umidi: alcuni ringhiavano, altri sorridevano.

Udii piagnucolare il bambino alle mie spalle, ma non riuscii a voltarmi per guardarlo. Avrei voluto disperatamente assicurarmi che fosse al riparo, ma in quel momento non potevo permettermi un calo di concentrazione.

Le sagome incombevano sempre più vicine, i neri mantelli si agitavano appena. Vidi quelle mani bianche e ossute stringersi come artigli. Iniziarono a sparpagliarsi per assalirci da ogni direzione. Eravamo circondati. Stavamo per morire.

E poi, come il lampo di luce di un flash, la scena cambiò. O meglio, tutto era uguale — i Volturi ci venivano incontro, pronti a uccidere — ma il mio atteggiamento era diverso. D’un tratto ero impaziente. Volevo che attaccassero. Il panico si trasformò in sete di sangue, mentre mi rannicchiavo in avanti, il sorriso sulle labbra e un ruggito fra i denti scoperti.

Di soprassalto, uscii stravolta dal sogno.

La stanza era nera. E calda in modo soffocante. Il sudore m’incollava i capelli alle tempie e m’inzuppava il collo.

Frugai fra le lenzuola calde e le trovai vuote.

«Edward?».

In quel momento le mie dita incontrarono qualcosa di liscio, piatto e rigido. Un foglio di carta piegato a metà. Presi il biglietto e tastai la parete in cerca dell’interruttore.

Il destinatario del biglietto era la signora Cullen.

Spero che non ti svegli e che non ti accorga della mia assenza, ma, se dovessi, sappi che tornerò presto. Sono soltanto andato sul continente a cacciare. Torna a dormire e quando ti sveglierai ci sarò. Ti amo.

Sospirai. Eravamo sull’isola da due settimane, logico che prima o poi dovesse andarsene, ma avevo smesso di pensare al tempo. Sembrava che vivessimo fuori dal tempo, alla deriva in una condizione perfetta.

Mi asciugai il sudore dalla fronte. Mi sentivo assolutamente sveglia, malgrado l’orologio sulla cassettiera dicesse che era l’una passata. Sapevo di non potermi riaddormentare, calda e appiccicosa com’ero. Senza dimenticare che, se avessi spento la luce e chiuso gli occhi, avrei di sicuro rivisto le sagome nere che incombevano nella mia mente.

Mi alzai e vagai senza meta nella casa buia, accendendo le luci. Senza Edward appariva troppo grande e vuota. Diversa.

Finii in cucina e decisi che forse il cibo era la consolazione migliore.

Frugai nel frigorifero in cerca degli ingredienti per preparare del pollo fritto. Lo sfrigolare e lo scoppiettare del pollo nel tegame fu un rumore piacevole, familiare; finché riempì il silenzio, mi sentii meno nervosa.

Aveva un profumo così buono che iniziai a mangiarlo direttamente dalla padella, bruciandomi la lingua. Al quinto o sesto boccone era abbastanza freddo perché ne gustassi il sapore. Cominciavo a masticare in modo più normale. C’era qualcosa di strano nel gusto? Controllai la carne: era bianca, ma forse non l’avevo cotta abbastanza. Diedi un altro morso per provare; masticai due volte. Oh, decisamente cattivo. Saltai in piedi per sputarlo nel lavandino. All’improvviso, la puzza di pollo e olio divenne rivoltante. Presi la padella e la scrollai nella spazzatura, poi aprii le finestre per far uscire l’odore. Fuori si era alzata una brezza quasi fresca. Una sensazione piacevole sulla pelle.

All’istante mi sentii esausta, ma non volevo tornare nella stanza torrida. Perciò aprii le finestre nella stanza della TV e mi sdraiai sul divano sottostante. Feci partire lo stesso film che avevamo visto il giorno prima e mi addormentai in fretta sulle note allegre dei titoli di testa.

Quando riaprii gli occhi era quasi mezzogiorno, ma non fu la luce a risvegliarmi. Due braccia fredde mi circondavano stringendomi. Allo stesso tempo percepii una fitta di dolore allo stomaco, neanche avessi appena preso un pugno in pancia.

«Scusa», mormorò Edward mentre sfregava la mano ghiacciata sulla mia fronte umida. «Altro che pignolo. Non pensavo che senza di me avresti sofferto il caldo. Prima di andarmene farò installare un condizionatore».

Non riuscivo a concentrarmi sulle sue parole. «Ti prego!», tossii, cercando di liberarmi dalla stretta.

Mi lasciò andare immediatamente. «Bella?».

Corsi verso il bagno coprendomi la bocca con la mano. Mi sentivo talmente male che sulle prime non badai nemmeno alla sua presenza, mentre mi piegavo sul water in preda a un violento attacco di vomito.

«Bella? Che ti prende?».

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