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Devi solo stare zitto.

Ce la posso fare.

Sul serio? Non sembrerebbe proprio.

Finalmente tacque.

E in quel momento attraversammo la strada e ci inoltrammo nella foresta che circondava casa Cullen. Edward riusciva già a sentirci?

Forse dovremmo pensare qualcosa del tipo: «Veniamo in pace».

Fallo.

Edward?, azzardò con prudenza. Edward, ci sei? Okay, ora mi sento proprio uno scemo.

È quello che sei.

Secondo te ci sente?

Ormai eravamo piuttosto vicini. Credo di sì. Ehi, Edward. Se mi senti... stai in campana, succhiasangue. Hai un problema.

Abbiamo un problema, mi corresse Seth.

Approdammo sul grande prato, sbucando dal fitto degli alberi. La casa era buia ma non vuota. Edward era sotto il portico, fra Emmett e Jasper. Alla luce fioca, erano bianchi come la neve.

«Jacob? Seth? Che succede?».

Rallentai e poi arretrai di qualche passo. L’odore m’investì con la violenza di una fiammata, colpa dell’olfatto da lupo. Seth guaì piano, titubante, e indietreggiò.

Per rispondere alla domanda di Edward ripercorsi mentalmente lo scontro con Sam. Seth pensava insieme a me, riempiva i vuoti che lasciavo e mostrava la scena da una diversa angolazione. Ci interrompemmo quando arrivammo alla parte che riguardava l’"abominio", perché Edward emise un sibilo furioso e balzò giù.

«Vogliono uccidere Bella?», ringhiò con tono incolore.

Emmett e Jasper, che non avevano ascoltato la prima parte della conversazione, scambiarono la sua domanda priva di intonazione per un’affermazione. In un baleno gli furono accanto, mostrando i denti mentre si avvicinavano a noi, minacciosi.

Ehi, calma, pensò Seth, indietreggiando.

«Emm, Jazz, non loro! Gli altri. Sta arrivando il branco».

Emmett e Jasper fecero marcia indietro; Emmett si rivolse a Edward mentre Jasper non ci toglieva gli occhi di dosso.

«Che problema hanno?», domandò Emmett.

«Lo stesso che ho io», sibilò Edward. «Ma hanno un piano diverso. Raduna gli altri. Chiama Carlisle! Lui ed Esme devono tornare subito!».

Guaii ansioso. Erano separati.

«Non sono lontani», disse Edward con lo stesso tono tombale di prima.

Vado a dare un’occhiata, disse Seth. Perlustro il perimetro occidentale.

«Non ti metterai nei guai?», chiese Edward.

Seth e io ci scambiammo un’occhiata.

Non credo, pensammo assieme. E poi aggiunsi: Ma forse dovrei andare io, nel caso...

È più improbabile che attacchino me, precisò Seth. Per loro sono ancora un moccioso.

Perché lo sei, un moccioso.

Vado. Tu devi rimanere qui con i Cullen per coordinare le manovre.

Girò sui tacchi e sfrecciò nell’oscurità. Non avevo intenzione di dare ordini a Seth, perciò lo lasciai fare.

Edward e io ci fissavamo al buio, nel prato. Sentivo Emmett bisbigliare al telefono. Jasper osservava il punto in cui Seth era sparito per prendere la via del bosco. Nel portico comparve Alice e poi, dopo avermi guardato a lungo con espressione carica d’ansia, svolazzò al fianco di Jasper. Supponevo che Rosalie fosse dentro insieme a Bella. Continuava a proteggerla... dai pericoli sbagliati.

«Non è la prima volta che devo esserti riconoscente, Jacob», sussurrò Edward. «Non ti avrei mai chiesto tanto».

Pensai alla richiesta che mi aveva fatto soltanto poche ore prima. Quando si trattava di Bella, niente era troppo per lui. Invece sì.

Ci pensò e poi annuì. «Sì, forse hai ragione».

Be’, anche questa volta, non è per te che lo faccio.

«Vero», mormorò.

Mi dispiace di non aver raggiunto lo scopo, oggi. Te lo avevo detto che non mi avrebbe dato ascolto.

«Lo so. Non credevo che lo avrebbe fatto. Ma...».

Dovevo provarci. Capito. Sta un po’ meglio?

La sua voce e i suoi occhi erano vuoti. «Peggio», gemette.

Non volevo che quella parola avesse il tempo di radicarsi nella mia mente. Grazie al cielo Alice parlò.

«Jacob, ti scoccia trasformarti?», mi chiese. «Voglio sapere cosa succede».

Feci cenno di no e contemporaneamente arrivò la risposta di Edward.

«Deve restare in contatto con Seth».

«Bene, allora saresti così gentile da dirmi tu cosa sta succedendo?».

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