Per un attimo ci fu silenzio. Poi un'espressione di perfida delizia allo stato puro apparve sulla faccia di Paul Sarath, professore emerito d'archeologia dell'università di Taprobane.
— Ho sempre desiderato — disse con aria sognante — sapere cosa accade esattamente quando una forza irresistibile si scontra con un oggetto inamovibile.
11
La principessa silenziosa
Quando gli ospiti se ne furono andati, Rajasinghe, estremamente pensieroso, depolarizzò la finestra della biblioteca e rimase per molto tempo a fissare gli alberi attorno alla villa, e le pareti rocciose di Yakkagala che sorgevano più lontane. Non si era ancora mosso quando, esattamente al rintocco delle quattro, l'arrivo del tè del pomeriggio lo riscosse dalle sue fantasticherie.
— Rani — disse — chiedi a Dravindra di tirare fuori i miei scarponi pesanti, se riesce a trovarli. Voglio andare sulla Montagna.
Rani, sorpresa, finse di lasciar cadere il vassoio.
— Aiyo, Mahathaya! — cantilenò in tono funebre. — Dovete essere impazzito. Ricordate quello che vi ha detto il dottor McPherson…
— Quell'idiota di scozzese guarda sempre i miei cardiogrammi al contrario. Ad ogni modo, mia cara, per cosa dovrei vivere quando tu e Dravindra mi avrete lasciato?
Non diceva solo per scherzo, e si pentì immediatamente di tanta autocommiserazione. Rani se ne accorse, e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
La ragazza si girò, per nascondere la sua emozione, e disse in inglese: — Mi ero offerta di restare, almeno per il primo anno di Dravindra…
— Lo so, e non accetterei mai. A meno che Berkeley sia cambiata dall'ultima volta che ci sono stato, avrà bisogno di te. — "Non più di quanto ne abbia bisogno io, anche se in modo diverso" pensò fra sé. — E poi, a prescindere dal fatto che tu prenda o no la laurea, non è mai troppo presto per imparare a essere la moglie di un preside di facoltà.
Rani sorrise. — Non so se si tratta di un destino tanto piacevole, a giudicare da alcuni orribili esempi che conosco. — Riprese a parlare in taprobani. — Non dite davvero sul serio, eh?
— Sono serissimo. Non voglio arrivare alla cima, naturalmente; solo agli affreschi. Sono cinque anni che non salgo più lassù. Se aspetto ancora un po'… — Non c'era bisogno di terminare la frase.
Rani lo scrutò in silenzio per qualche secondo, poi decise che era inutile discutere.
— Ne parlerò a Dravindra — disse. — E a Jaya… Nel caso dovessero riportarvi indietro.
— Benissimo. Comunque sono sicuro che Dravindra potrebbe cavarsela da solo.
Rani gli dedicò un sorriso felice, in cui si mescolavano orgoglio e contentezza. Loro due, pensò lui dolcemente, erano stati la miglior scommessa vinta al banco della lotteria di stato; e sperava che quei due anni passati al suo servizio fossero stati gradevoli per loro quanto lo erano stati per lui. In quell'epoca, la servitù era il più raro dei lussi, concesso unicamente a uomini dai meriti straordinari. Rajasinghe non conosceva nessun altro civile che possedesse tre persone addette alla sua cura.
Per risparmiare le forze, nei Giardini del Piacere si servì di un triciclo a energia solare. Dravindra e Jaya scelsero di procedere a piedi, sostenendo che si faceva prima (il che era vero, però loro riuscivano a percorrere le scorciatoie). Poi salì molto lentamente, fermandosi diverse volte a riprendere fiato, finché non ebbe raggiunto il lungo corridoio della Galleria Inferiore, dove la Parete a specchi correva parallela alla faccia della Montagna.
Osservata dai soliti turisti curiosi, una giovane archeologa proveniente da una delle nazioni africane scrutava la parete in cerca d'iscrizioni, aiutandosi con una potente torcia obliqua. Rajasinghe fu sul punto d'avvertirla che le probabilità di fare una scoperta nuova erano praticamente zero. Paul Sarath aveva trascorso vent'anni a studiare ogni millimetro quadrato delle pareti, e i suoi "Graffiti di Yakkagala" in tre volumi erano un lavoro superbo, insuperabile, se non altro perché non sarebbe mai esistito un altro uomo capace di leggere con altrettanta abilità le iscrizioni in taprobani arcaico. Erano tutti e due giovani, quando Paul aveva iniziato il lavoro della sua vita. Rajasinghe ricordava ancora il momento in cui si trovava in quel medesimo punto, e l'allora vice-assistente epigrafista del Dipartimento d'Archeologia aveva scoperto le iscrizioni quasi indecifrabili sul gesso giallo e aveva tradotto i poemi dedicati alle bellissime donne dipinte sulla roccia. Dopo tanti secoli, quei versi facevano ancora vibrare qualcosa nel cuore di chi li leggeva: